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Buone e cattive notizie dall ’Africa
 
e la RAI le ignora

 
     
 

Due rapporti sull’Africa con due facciate diverse, di cui i media, in generale, e la Rai, in particolare, non ci fanno sapere niente. Il primo è stato pubblicato dall’Onu nel maggio scorso; è una rassegna, Paese per Paese, sulla malnutrizione nel mondo. Ottocento milioni di persone hanno fame e, di queste, 300 milioni sono bambini. Nessuno ce ne parla, forse niente di sorprendente e che possa attirare l’attenzione dei reporter italiani. L’Eritrea ha la percentuale più alta di malnutriti al mondo con il 73 per cento, più alta della vicina Etiopia (46 per cento), tragicamente nota per le sue carestie. Segue il RdCongo (Rdc) con il 71 per cento. Secondo il Programma alimentare mondiale, 37 milioni su una popolazione di 60 milioni hanno disperatamente bisogno di cibo. La malnutrizione è la causa di metà delle morti in Rdc. Human Rights Watch l’ha chiamata “la maledizione dell’oro”: è la guerra interminabile che permette alle multinazionali - soprattutto l’AngloGold del Sudafrica - di approfittare del caos di questi anni per fare affari. In Zimbabwe 4.8 milioni di persone sono a rischio fame e il presidente Mugabe non sembra ben disposto a ricevere aiuti dall’estero. Poi lo Zambia con il 49 per cento di malnutriti. Niente di sorprendente, dicevamo.
Il secondo rapporto è stato pubblicato in occasione dell’assemblea annuale della Banca africana dello sviluppo, dove è stata presentata la relazione sulle Prospettive economiche in Africa, basata sulle economie di 29 Paesi del continente. Qui, di “sorprese” ne abbiamo. Nel 2004 l’Africa ha conosciuto la più rapida crescita economica degli ultimi otto anni, più del 5 per cento, grazie ai prezzi elevati del petrolio, dei metalli, ai buoni risultati dell’agricoltura e all’assenza di calamità naturali. Nonostante il prezzo alto del petrolio, l’inflazione è stata ancora molto bassa (3.9), mentre negli anni ’90 era sull’8.5. Altri esempi: la produzione del petrolio nell’Africa centrale è cresciuta del 14.4 per cento. La Borsa del Ghana va meglio di tante altre nel mondo: nel 2003 ha guadagnato il 144%. L’investimento estero netto, che nel 2000 era di 6.3 miliardi di dollari, nel 2003 ha raggiunto 11.3 miliardi di dollari. Ancora: l’anno scorso le esportazioni negli Usa da 37 Paesi africani sono cresciute del 88 per cento. I jeans cuciti in Lesotho sono stati venduti negli Usa, i fiori del Kenya a Londra e i pomodori del Senegal nei supermercati della Francia. I gamberi del Madagascar e il manzo del Botswana stanno raggiungendo i nostri mercati europei.
Ma chi ne parla? L’Africa dei disastri e delle guerre, che pur ci sono (vedi il dossier sul Rwanda di Kagame in questo numero), ha altre buone notizie: solo 63% dei sudafricani era scolarizzato prima della 1994, l’anno dell’abolizione dell’apartheid. Ora lo sono l’80 per cento. Gli omicidi, di cui il Sudafrica era tristemente noto in passato, sono diminuiti del 25 per cento dal 1994. E la sua economia si piazza fra le prime 25 del mondo con una crescita del 15 per cento. L’Uganda ha ridotto la popolazione povera dal 56 per cento nel 1992 al 35 per cento nel 2000. Il Mozambico dal 1997 ha ridotto la povertà del 16 per cento. Negli ultimi cinque anni, in due terzi dei Paesi subsahariani si sono tenute elezioni democratiche e multipartitiche. Insomma, c’è stato progresso in termini di economia o di diritti umani. E allora perché i media non ne parlano? C’è una latitanza costante da parte dei media, della Rai in particolare, nei riguardi dell’Africa. Qualcuno comincia a domandarsi: che ci sia forse un razzismo che fa fatica a morire nei riguardi di un continente da secoli ritenuto inferiore?
 


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9 agosto 2005

 

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