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La pioggia batteva ai vetri, a folate, seguendo l'agitarsi delle acque
dell'Elba. La pioggia batteva, e così l'autoinganno di sentirsi
sconfitti ma vivi, ancora protagonisti, ancora con la speranza in petto
di potersi riscattare. Ma era un'illusione. Solo una misera illusione.
La storia era già stata scritta da altri. Il mondo apparteneva ormai a
chi aveva vinto il conflitto.
Ancora frusciavano le giubbe di cuoio, simboli dell'antico regime; ma
l'avvilimento via via scavava dentro, opprimendo i gesti di quegli
avanzi d'umanità. Dannati su una zattera di dannazione.
Da un tavolo seminascosto, una voce imprecava. Nel basso tedesco si
muoveva, contrapposto al latrato di un mastino, quell'accento che ai più
sarebbe apparso una carezza. Un uomo di spalle gridava in faccia a un
altro: "Il pentimento è sinonimo di paura. Chi è coerente e coraggioso è
di coscienza buona e non teme. E ciò che fa è comunque buono."
Il suo interlocutorie, dal volto inespressivo, non fece un cenno. Aspirò
lungo da una sigaretta americana, poi sussurrò di rimando: "Tutti gli
esseri che stanno a terra sono degli inferiori e tu non sei
un'eccezione. Parla ancora e t'ammazo."
Quel giorno, a Norimberga, era iniziato il processo.
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