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		“Il presidente degli 
		Stati Uniti, George W. Bush, individua nelle armi nucleari il principale 
		pericolo per la sicurezza del mondo. Aggiunge che solo i Paesi amici le 
		possono utilizzare. Così esplicitamente afferma di volere un mondo 
		diviso, nel quale non sia contemplato il modello della coesistenza. Il 
		terrorismo nasce da questa idea della politica”. A parlare è Joseph 
		Rotblat, premio Nobel per la pace nel 1995 e figura storica della fisica 
		moderna e del pacifismo del ‘900. Nato a Varsavia nel 1908, a 29 anni era già vicedirettore dell’Istituto 
		di fisica atomica della capitale polacca. Fuggito in Inghilterra nel 
		1939, collaborò con James Chandwick, dell’Università di Liverpool, ai 
		primi studi di fattibilità per la costruzione della bomba atomica. 
		Avviato a Los Alamos il Progetto Manhattan, i due scienziati partirono 
		per gli Stati Uniti e con Albert Einstein, Robert Oppenheimer, Enrico 
		Fermi e altri continuarono le ricerche.
 La prima esplosione atomica prodotta dall'uomo, il Trinity Test, avvenne 
		il 16 luglio 1945, in una località a 95 chilometri da Alamogordo, nel 
		deserto del New Mexico. Un luogo che gli indiani avevano chiamato in 
		passato "strada della morte”. Trinity era il nome in codice scelto da 
		Robert Oppenheimer per l'esperimento. Rotblatt, però, non c’era. Nel 
		novembre 1944 era diventato chiaro che la Germania nazista non avrebbe 
		mai avuto la bomba e il fisico aveva scelto di rientrare in Inghilterra, 
		unico scienziato ad abbandonare la ricerca prima della sua devastante 
		conclusione.
 Un suo amico, il fisico ungherese Leo Szilard, con Fermi responsabile di 
		un segmento del progetto, il 2 dicembre del 1942 aveva ottenuto 
		all’Università di Chicago la prima reazione a catena controllata. 
		Szilard definì quel successo "un giorno che sarebbe passato alla storia 
		dell’umanità come una giornata nera".
 “Le armi nucleari non servono a nulla contro il terrorismo – continua 
		Rotblat – e i Paesi individuati dal governo americano come complici del 
		terrorismo non potranno certo esser vinti con le bombe atomiche. 
		Piuttosto esiste il rischio concreto di vedere gruppi estremisti 
		utilizzare armi atomiche. L’uso da parte di organizzazioni terroristiche 
		di sistemi di arma del genere va eliminato. Esiste una strada certa per 
		farlo: dar seguito ai trattati di denuclearizzazione e procedere al 
		disarmo, in modo da far sparire dalla circolazione anche i materiali 
		necessari per la loro costruzione”.
 
 Rotblat è un signore di 96 anni, i capelli d’argento e il viso ovale. 
		Cammina con lentezza e due giovani assistenti lo sfiorano dolcemente, 
		per aiutare i suoi passi incerti. La sua intelligenza e lucidità 
		stupiscono come la sua inarrestabile carica giovanile e piena di 
		passione.
 Lo scienziato va avanti nel discorso: “Sappiamo, da Hiroshima in poi, 
		quanto sia deleteria la scelta nucleare. Per la capacità indiscriminata 
		di colpire, per le conseguenze devastanti delle bombe atomiche sulla 
		popolazione civile. L’argomento secondo il quale l’importanza del 
		nucleare è nella sua capacità di deterrenza richiama alla memoria 
		l'epoca passata ‘guerra fredda’, ma oggi la situazione è diversa e 
		questo è un argomento senza alcun valore. Lo smantellamento degli 
		arsenali è stato deciso, eppure alcuni leader, Bush, Blair, Putin 
		continuano a tenere le dita sul bottone. Questo nutre un clima di 
		violenza. Ai bambini si insegna a pensare alla pace in funzione degli 
		armamenti posseduti. Se hai tante armi sei al sicuro. L’opinione 
		pubblica mondiale deve contrastare idee del genere. Noi Nobel non 
		possiamo consentire tutto questo. Ci hanno premiato e hanno riconosciuto 
		la nostra volontà di pace, ma dobbiamo ancora ottenere il risultato 
		definitivo e abbiamo il dovere di lavorare per arrivare al traguardo. 
		Albert Einstein sapeva comprendere il rapporto tra ricerca e fenomeni 
		politici. Il 2005 sarà l’anno a lui dedicato. Dobbiamo ricordarlo e 
		saper bene che solo una mutazione profonda delle strategie potrà evitare 
		una catastrofe”.
 Il rapporto tra Rotblat e il padre della fisica moderna è molto intenso, 
		ancora adesso. Il Nobel per la pace ricorda: “Io sono rimasto il solo 
		vivo di noi undici: Max Born, Perry W. Bridgman, Albert Einstein, 
		Leopold Infeld, Frédéric Joliot-Curie, Herman J. Muller, Linus Pauling, 
		Cecil F. Powell, Bertrand Russell, Hideki Yukawa. Il lontano 9 luglio 
		del 1955 firmammo insieme il Manifesto degli scienziati contro le armi 
		nucleari e per il disarmo. Anche riguardo alla bomba su Hiroshima, non 
		credo sia stata determinante per la conclusione della Seconda guerra 
		mondiale. In realtà Truman, il presidente Usa, utilizzò la bomba non per 
		porre fine al conflitto, ma per mostrare al mondo, in particolare 
		all'Unione Sovietica, la nuova potenza militare del suo Paese. Einstein 
		credeva alla ‘forma del buon governo’. Allora il terrorismo non c’era, 
		ma so che lui ne percepiva il pericolo e comprendeva bene la necessità 
		di un mutamento radicale. La sovranità nazionale oggi non significa più 
		nulla, nel mondo moderno è una illusione. Gli Stati Uniti debbono 
		accettare le decisioni degli organismi internazionali, delle Nazioni 
		Unite. Solo in questo modo, con la cooperazione e il dialogo potremo 
		sconfiggere il terrorismo”.
 Rotblat, con la sua saggezza, la lunga esperienza di vita e di lavoro 
		rappresenta una risorsa inestimabile per chi nel mondo non individua 
		nella guerra il mezzo per risolvere le controversie. Lui ne è 
		consapevole e conclude: “Io suggerisco che il vecchio motto latino venga 
		modificato. Si vis pacem para bellum, se vuoi la pace prepara la guerra, 
		deve essere riformulato. Si vis pacem para pacem, se vuoi la pace 
		prepara la pace”.
 
 PeaceReporter, 11 novembre 2004
 
		Dal dossier:
		
		Il cielo sopra Hiroshima
		 
		  
		
		
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