agli incroci dei venti

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Terra di nessuno
di Vincenzo Andraous

Da tempo il carcere italiano non produce più cadaveri e violenze scomposte, al suo interno è cresciuta la maturità della stragrande maggioranza dei detenuti, nonostante i problemi endemici dell’organizzazione penitenziaria (sovraffollamento, carenza di personale e di fondi ).
Nonostante quella violenza ora è diventata composta, silenziosa, riservata nei tanti suicidi che si verificano nell’indifferenza generale, la legge di Riforma Penitenziaria o meglio quel che ne è rimasto alla luce delle tante decapitazioni, incredibilmente ancora crea un nuovo orientamento esistenziale, tanti uomini nuovi nel vivere civile, non più carnefici di se stessi né degli altri.
Ebbene, nonostante le statistiche e le percentuali indichino che i fallimenti non superano la soglia di attenzione, mi chiedo ancora: perché restringere i requisiti necessari per accedervi? Perché azzerare i passi fatti in avanti in positivo, e non discutere invece della complessità e negatività di un istituto, quello carcerario che, non potendo essere cancellato, neppure ci si attiva con forza e strumenti idonei per migliorarlo.
Inasprire un regime penitenziario quasi al collasso, una riforma penitenziaria di per se già ridotta all’osso, invece di incrementare una speranza attiva-costruttiva che niente ha da spartire con il buonismo che fa male, non credo abbia nulla a che vedere con un preciso interesse collettivo.
E’ un messaggio, questo, che non incoraggia gli operatori penitenziari né i detenuti, ma incancrenisce a dismisura la preoccupazione dell’opinione pubblica, fin troppo spintonata dal succedersi di accadimenti tragici, irrobustiti da imboccamenti non sempre corrispondenti alla realtà.
L’allarme sociale, quando c’è, ha sempre una causa-effetto e possiede nel suo dna paura e rabbia, ma quasi mai l’equilibrio che porta a conoscere la differenza che esiste tra una situazione complessa e un’altra complicata.
Ciò che riguarda l’essere umano, non è mai argomento complicato, che può essere affrontato ( in questo caso all’interno di una galera ) con una operazione semplicistica e fin troppo ovvia: il detenuto, l’uomo, la persona, è qualcosa di veramente complesso che non risponde a leggi meccaniche, e, mai prevedibili, come invece accade alle cose complicate.
Non c’è urlo né scandalo per questo carcere che deve rimanere un lazzaretto disidratato senza alcuna possibilità di essere migliorato né di produrre cambiamento, perché se così non fosse, qualcuno dovrebbe spiegare perché non ci si è adoperati prima in tal senso, magari e solamente per consentire alle leggi di essere applicate, con maggiori e più appropriati mezzi e strumenti.
 

 
 

 

 
 

agli incroci dei venti, 19 marzo 2006

 

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