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Sadun Paggi: prove di dialogo
di Silvia Golfera

“Più si cammina, più si allontana la meta” scrive Manuela Sadun Paggi, animatrice dell’Amicizia Ebraico-cristiana di Firenze, in “Dialogo, Guarigione del Mondo. Sorgenti ebraiche” ed. EMI 2002. Un libro che racconta di un viaggio alla ricerca di sé, sulla strada della pace, per promuovere un dialogo che non sia solo strumento, ma paradigma di un incontro nuovo con coloro con cui condividiamo l’avventura del vivere. Un libro che sprona a farsi attori responsabili in questo sforzo planetario di costruzione di un mondo a misura umana. L’autrice sa mescolare in modo sapiente esperienza personale, letture, riflessioni, incontri.
Manuela è una donna che certo ha camminato molto, dentro e fuori se stessa, nel passato, recuperando le proprie radici ebraiche, e nel presente, intrecciandosi a tutte le voci del mondo. Raramente sapere ed esistenza si fondono in modo tanto serrato e limpido, dando vita a una personalità ricca e complessa, ma anche estremamente autentica. Personalmente non credo che la meta cui aspira sia a portata di mano, ma neppure Manuela sembra farsi facili illusioni: “I conflitti ci saranno sempre e anche insolubili, ma va cambiato il modo di (affrontarli e di) risolverli”. Ha comunque già ottenuto molto se chi legge non può fare a meno di interrogare se stesso sul significato della propria esistenza e sul rapporto con la grande famiglia umana di cui facciamo parte. Grazie anche al modo immediato con cui affronta grandi temi della vita, riportandoli al sapore del quotidiano. Una lettura che stimola la capacità di ascoltare e di ascoltarsi. In ottemperanza al principio buberiano di “cominciare da sé stessi, dalla propria trasformazione; prendersi come punto di partenza, conoscersi”. Una conoscenza che si riappropria dell’identità culturale e religiosa non per erigere steccati, ma per rendere più autentico il confronto con gli altri. Una religiosità che esclude ogni intolleranza, ogni condanna, ogni arroccamento, per aprirsi invece all’ascolto. Un modo di sentire e affrontare la vita, che può essere condiviso anche da coloro che in Dio non credono. “Non interessa sapere se l’uomo torna alla religione o crede il Dio, ma se vive e pensa con amore e secondo virtù”. ammonisce Erich Fromm. Una religiosità vissuta come pieno contatto con il Sé, come attualizzazione della propria natura.
Allora ogni diversità, ogni alterità, non è più minaccia, ma un luogo sacro cui accedere con attenzione reverente: “Ciascuno deve rispettare il mistero dell’anima del suo simile e astenersi dal penetrarvi con un’indiscrezione impudente”
Un incontro, un dialogo che esclude accuse e recriminazioni. Per la responsabilità che compete a ciascuno, tutti noi diventiamo attivi costruttori dei processi umani. Non è “col dito puntato”, segno di accusa, di minaccia, di condanna, che ci si può accostare agli altri. Se poi lo facciamo in nome della pace e degli oppressi, allora consumiamo una doppia e volgare mistificazione. Doppia perché ci facciamo scudo delle miserie altrui per condurre le nostre guerre. Così come “non grida pace il dito puntato” contro Israele per un conflitto che tutti abbiamo alimentato. Si cerca un capro espiatorio ad una colpa collettiva, non certo per amore dei palestinesi, ma per avversione agli ebrei. E lo scandalo per la “crudeltà” altrui, non è che un pretesto per mascherare e misconoscere la propria. “Finché prendiamo posizione da una parte o dall’altra del conflitto, lo fomentiamo”, rivendica Manuela. Ecco perché, aldilà di tante dichiarazioni d’intenti, è tanto facile contrabbandare l’antisemitismo puro e semplice come ‘critica al governo di un paese’.
Dialogo non significa semplicemente ascoltare le ragioni dell’altro, ma molto più profondamente, come insegna il Talmud, trasformare dentro di sé il nemico in amico. Le guerre vanno combattute prima di tutto dentro di noi, creando un cultura “inclusiva e non esclusiva”.
Cosa possibile solo se l’impegno a ricordare non si trasforma in una gabbia di rancore, ma sa farsi capacità di dimenticare e perdonare: “Come un parassita il rancore si annida nel nostro passato…nutrendosi della nostra vitalità” (da Lawrence Kushner, Il libro delle parole ebraiche)
Un uso abnorme della memoria può intrappolare chi la pratica in un passato senza futuro. “L’intera tua vita passata, con le sue pene e le sue ansie ti trascinerà indietro, impedendoti di innalzarti fino a Lui…Bisogna sempre partire dalla felicità, questo non lo devi dimenticare” ricorda Rabbi Nachman di Breslav, maestro chassidico.
Saper dimenticare implica un sentimento ottimistico dell’esistenza e dell’uomo, per il quale il riscatto è sempre possibile: “Hai fatto cose ingiuste? Contrapponivi cose giuste”.
Riconducendo ogni questione all’individuo, Manuela designa ogni uomo creatore del mondo in cui vive, con un’assoluta fiducia nella sua capacità di evolvere e di trasformarsi. Non più schiacciati dall’inestricabile peso delle vicende umane, ogni cosa diventa possibile, alla nostra portata, contro tutte le ideologie che ci vogliono ridurre ad ingranaggi passivi di sistemi e processi inalterabili.
Il valore dell’educazione come strumento di realizzazione umana: “Più si inculca ad una persona che appartiene a quel paese, a quella cultura, a quella religione, a quel gruppo…maggiormente si impedirà la sua evoluzione, si fomenterà la sua fedeltà al branco e la sua ostilità ed estraneità verso gli altri e verso de stessa”.
Insomma, un’educazione alla responsabilità, perché i veri e più difficili muri da abbattere sono quelli interiori. “Saper insegnare che una vita ordinata e significativa non è più monotona di una vita sbandata e irresponsabile” dove la violenza diventa l’unico modo per sentirsi vivi. “Condividere con tutti la responsabilità della famiglia umana legata a un’unica terra”.
Erich Fromm considera profeti “Coloro che hanno idee e in pari tempo le incarnano”. Leggendo
questo libro si ha la sensazione di comprendere meglio ciò che il filosofo intende.
 

Golfera Silvia


Manuela Sadun Paggi,
Dialogo, Guarigione del Mondo. Sorgenti ebraiche ed. EMI 2002

 

 
 

 

 
 

agli incroci dei venti, 22 luglio 2006

 

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