|
Liberia
di
Arianna Ballotta
La Liberia, Paese della
costa occidentale africana, fu fondata nel 1822 su iniziativa
dell’American Colonization Society (ACS), un’associazione di filantropi
bianchi, dai coloni afroamericani (chiamati gli Americo-Liberiani) che
vi stabilirono una colonia di "liberi uomini di colore", sempre sotto il
controllo della ACS.
Nel luglio del 1847 gli Americo-Liberiani dichiararono l'indipendenza
della Repubblica di Liberia. I coloni vedevano nel continente africano,
dal quale i loro avi erano stati deportati, la "terra promessa", ma non
mostravano intenzione di reintegrarsi nella societa’ e nel metodo
tribale africano. Si riferivano a loro stessi come "Americani" e furono
riconosciuti come tali tanto dalle autorita’ tribali africane quanto
dalle autorita’ coloniali britanniche della vicina Sierra Leone. I
simboli del loro Stato (bandiera, motto, e sigillo), come la forma del
loro governo, riflettevano completamente l'esperienza di emigrazione
negli Stati Uniti d’America. I costumi e gli standard culturali degli
Americo-Liberiani vedevano il loro modello nello stile di vita del Sud
degli Stati Uniti. Questi ideali coloravano in modo preponderante le
abitudini dei coloni verso gli autoctoni: il nuovo Stato aveva
l'estensione superficiale delle terre controllate dalla comunita’ dei
coloni e da coloro che ne erano stati assimilati, per cui grandi
porzioni della storia della Liberia trattano i tentativi, raramente
coronati da successo, di una minoranza civilizzata di dominare una
maggioranza considerata per tanti aspetti "inferiore". Chiamarono il
Paese "Liberia", per darle il carattere di "terra degli uomini liberi".
La fondazione della Liberia fu privatamente finanziata da gruppi
filantropici e religiosi americani, ma la colonia godette del supporto e
della cooperazione non ufficiale del governo statunitense. Il governo
liberiano, modellato su quello degli Stati Uniti, era democratico nello
stile, per quanto non sempre nella sostanza. Dopo il 1877 il True Whig
Party monopolizzo’ l'intero potere politico del Paese, e la competizione
per le cariche fu solitamente contenuta nel partito, dove essere
nominati significava automaticamente entrare in Parlamento. Due problemi
che le amministrazioni liberiane dovettero affrontare furono soprattutto
le pressioni delle nazioni coloniali vicine, Gran Bretagna e Francia, e
la minaccia di insolvenza finanziaria: entrambe le problematiche
minacciarono seriamente la sovranita’ del Paese, poiche’ perse il
controllo di alcune regioni all'interno che furono annesse alle colonie
inglesi e francesi. Lo sviluppo economico fu poi pesantemente ritardato
dal declino, alla fine del XIX secolo, dei mercati per le materie prime
su cui si basavano le esportazioni del Paese, e dall'indebitamento per
una serie di prestiti, il cui rientro prosciugo’ l'economia nazionale.
Nel XX secolo, due eventi furono di particolare importanza nel contrasto
dell'isolazionismo liberiano: il primo fu una larga concessione affidata
nel 1926 all'americana Firestone Plantation Company, una mossa che fu il
primo passo nella modernizzazione dell'impianto economico; il seguito fu
durante la Seconda Guerra Mondiale, periodo in cui gli Stati Uniti
fornirono un'assistenza economica e tecnica che permise progressi
industriali e un cambiamento sociale.
Il 12 aprile 1980 un colpo di stato militare fu organizzato da un gruppo
di sottufficiali dell'esercito di lignaggio tribale, al comando del
Sergente Maggiore Samuel Kanyon Doe, e giustiziarono il presidente in
carica da nove anni, William R. Tolbert Jr., nella sua residenza. Doe e
i suoi congiurati costituirono autonomamente il Consiglio di Redenzione
del Popolo, presero possesso del governo e conclusero la "prima
repubblica" di Liberia. Doe strinse legami molto forti con gli USA nei
primi anni 1980, ricevendo piu’ di cinquecento milioni di dollari
americani per rimuovere ogni influenza sovietica dal Paese, e concedendo
agli americani il diritto esclusivo di servirsi del territorio e dei
porti liberiani (nonche’ il permesso alla CIA di usare il territorio
liberiano come base di spionaggio sulla Libia). Doe fece una politica
assai autoritaria, chiudendo giornali, dichiarando fuorilegge i partiti
d'opposizione e tenendo elezioni plebiscitarie.
Nel tardo 1989 scoppio’ una guerra civile e nel settembre 1990 Doe fu
ucciso dalle forze dell'INPFL [Indipendent National Patriotic Front of
Liberia], Fronte Indipendente Nazionalpatriottico della Liberia, al
comando di Yormie Johnson e da elementi della tribu’ Gio. Come
condizione per la fine del conflitto, il presidente ad interim Amos
Sawyer si dimise nel 1994, lasciando il potere al Consiglio di Stato. Da
una posizione di primato come signore della guerra, Charles Taylor fu
eletto presidente nel 1997. Il regime brutale di Taylor bersaglio’ molti
attivisti di spicco dell'opposizione. Nel 1998 il governo cerco’ di
assassinare l'attivista per i diritti dei minori Kimmie Weeks per un
rapporto che, pubblicato, evidenziava le responsabilità di Taylor
nell'addestramento dei bambini-soldato. Il governo autocratico e
traballante di Taylor porto’ ad una nuova ribellione nel 1999. Il
conflitto si intensifico’ nell'estate del 2003, quando i combattimenti
si avvicinarono a Monrovia. Mentre il potere del governo collassava e le
pressioni dalla comunita’ internazionale (soprattutto gli USA)
aumentavano affinche’ si dimettesse, Charles Taylor accetto’ l'asilo
politico offerto dalla Nigeria, ma giurò: "A Dio piacendo, tornerò".
Con le elezioni presidenziali del novembre 2005, giudicate eque e
trasparenti dagli osservatori internazionali, Ellen Johnson-Sirleaf,
prima donna a ricoprire questo ruolo in un Paese africano, ha preso il
posto di Gyude Bryant alla guida dello Stato. Il nuovo governo si e’
insediato nel gennaio del 2006. La presidente Johnson-Sirleaf ha chiesto
alla Nigeria l’estradizione di Taylor, riportato a Monrovia nel marzo
del 2006, per essere subito trasferito in Sierra Leone dinanzi al
Tribunale Speciale, il quale - per ragioni di sicurezza - ha chiesto il
trasferimento all’Aja del procedimento a carico di Taylor. La
Commissione Liberiana per la Verita’ e la Riconciliazione ha chiesto che
vengano svolte indagini sui crimini commessi dal 1979 al 2003.
In tutti questi anni di guerra civile, durante i quali tre etnie si sono
massacrate a vicenda per appropriarsi delle risorse del Paese (diamanti,
legno, coltan, manganese, caucciu', ferro e molto altro), sono morte
circa 250.000 persone ed i profughi, interni e non, sono stati oltre
600.000. Peraltro, si e’ appena concluso (il 20 aprile scorso) l’impegno
dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)
nell’operazione di ritorno di circa 314.000 sfollati interni liberiani
nelle rispettive aree di origine. Durante il conflitto interno in
Liberia, gli sfollati avevano vissuto in campi, sopratutto intorno alla
capitale Monrovia. E’ attualmente in corso una valutazione congiunta
delle Nazioni Unite – nella quale l’UNHCR continuera’ ad essere
coinvolto - per determinare nei campi il numero di persone che
necessitano ancora di protezione e in quali termini, prestando
particolare attenzione ai casi piu’ vulnerabili. Tale valutazione ha
anche lo scopo di determinare l’impatto ambientale dei campi in alcune
aree specifiche. In Liberia e’ in corso uno dei tre progetti pilota per
sfollati interni – gli altri sono in Uganda e Repubblica Democratica del
Congo - realizzato attraverso il cosiddetto approccio a cluster, in base
al quale ad ogni singola agenzia vengono affidati specifici settori di
assistenza. L’UNHCR, in particolare, e’ responsabile per la protezione,
la gestione dei campi e gli alloggi.
Speriamo sia davvero finita. Ma non dimentichiamo che anche noi
occidentali siamo responsabili di aver alimentato il conflitto. Per anni
abbiamo acquistato legname ed altro dai ribelli che poi, con i nostri
soldi, compravano armi illegittime.
La presidente del Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza
dell’ONU, Ellen Margrethe Loj, ha recentemente incontrato dirigenti del
governo della nuova presidente Johnson-Sirleaf e vari organismi
umanitari, allo scopo di raccogliere informazioni indispensabili per far
sì che, nel futuro, i commerci di diamanti e legname vadano ad esclusivo
beneficio della popolazione locale. Infatti, il Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite aveva emesso sanzioni sull’esportazioni di diamanti
nel 2001 dopo che, da un’inchiesta del governo britannico, era emerso
che l’allora presidente Charles Taylor li acquistava dalla vicina Sierra
Leone dando in cambio armi ai ribelli del RUF (Fronte di liberazione
unito) protagonisti della guerra civile. La proibizione sul commercio di
legname era invece scattata nel luglio 2003, perche’ movimenti
internazionali per i diritti umani avevano accusato le aziende del
settore di usare le proprie navi per trasportare armi dentro la Liberia.
Si sta adesso verificando se esistano le condizioni per revocare le
attuali proibizioni. Il prossimo giugno il Consiglio si riunira’ per
decidere la loro revisione.
Molto lavoro deve essere ancora fatto. Auguriamoci che la signora
Johnson-Sirleaf sia all’altezza del difficile compito. La neo presidente
si trova a dover ricostruire un Paese devastato dalla guerra civile, con
migliaia di ex-combattenti e schiacciato da un debito di tre miliardi di
dollari, con disoccupazione oltre l'80% e un tasso di alfabetizzazione
del 20%.
E auguriamoci altresì che, in futuro, nessuno lucri piu’ sulla guerra,
forse a volte inevitabile, e scambi merci con armi. I dollari non
possono e non devono valere di piu’ delle vite umane.
Arianna Ballotta
Fonti:
International Crisis Group, UNHCR, Wikipedia, Missionari d’Africa.
Per saperne di piu’:
▫
Crisis
Group
▫
UNHCR Italia
▫
Wikipedia
▫
Missionari d'Africa
Aggiornamenti:
WarNes
|
|