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Non ho mai conosciuto
persone che restassero indifferenti di fronte all’Opera e alla persona
di Gian Ruggero Manzoni, che per intelligenza e dimensioni incute un
certo timore.
Il suo esserci costringe a prendere una posizione nei suoi confronti; lo
si può amare od odiare, ma senza mezzi termini.
Il suo porsi al centro della storia, del conflitto e quindi nella
tragedia in senso ontologico, “Ubi Centrum Ego Sum” come ama ricordarci,
ci obbliga ad una posizione critica ad un’analisi e ad una
considerazione profonda degli eventi.
Impossibile distinguere la persona dall’opera, così vasta da
attraversare ogni campo dello scibile, così come non ha senso
distinguere il vissuto reale dall’invenzione letteraria, la quale si
impone per verità poetica con autorità superiore all’effettivo svolgersi
degli eventi contingenti.
Questo suo mettersi a nudo, questo rivelare la natura ambivalente che
caratterizza l’anima o la psiche di ognuno di noi, questo suo essere
cosciente che l’animo umano è costituito per natura anche da forze e
pulsioni violente, diaboliche, scisso come un Giano Bifronte, ci irrita,
ci infastidisce, ma nel contempo, in sordina ci troviamo a guardare
dentro noi stessi con occhi diversi.
E mentre facciamo questo Gian Ruggero è già oltre, è l’alfa e l’omega,
il tutto e il contrario di tutto. Al di là del bene e del male Gian
Ruggero ha già imparato (come descritto nel bardo Todol) a riconoscere
le deità terrifiche come buone e viceversa.
Attività poetica e militare, purezza d’animo e senso degli affari,
sincera amicizia e spietato giudizio, ironia dissacrante e tradizione,
Gian Ruggero Manzoni fa suo l’ideale "rimbaudiano" trasformando la vita in
arte.
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