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Omicidi
impuniti
The Washington Post,
Editoriale
(libera traduzione di Arianna
Ballotta)
Una delle fotografie piu’
scioccanti scattate nel carcere di Abu Ghraib in Iraq mostra una guardia
sogghignante, con tanto di pollice alzato, sul corpo pieno di lividi di
un detenuto iracheno. Da indagine successive si sapra’ che il
prigioniero, il cui nome era Manadel al-Jamadi, era morto per asfissia
il 4 novembre 2003. Era stato torturato a morte dagli addetti agli
interrogatori appartenenti alla CIA e ai Navy SEAL
[corpo d’élite della Marina Americana, N.d.T.], i quali a turno lo
avevano preso a pugni e a calci, poi lo avevano ammanettato dietro alla
schiena ed appeso ad una finestra a cinque piedi dal pavimento. Nove
Navy SEAL, un marinaio e diversi membri dello staff CIA erano
implicati nell’omicidio, tranne l’ex Caporale Charles A. Graner Jr.,
cioe’ colui che posava nella foto insieme al corpo del detenuto.
Due anni dopo, il risultato a cui si e’ giunti in seguito alle indagini
condotte dagli investigatori dell’Esercito e’ il seguente: il signor
Graner sta scontando una condanna a 10 anni di reclusione per il suo
ruolo negli abusi – non letali – ai danni di altri prigionieri del
carcere di Abu Ghraib. A nessuna delle persone coinvolte nell’uccisione
del signor Jamadi e’ stata inflitta una pena pesante. A nove membri
dello staff della Marina e’ stata inflitta una “punizione non
giudiziale” da parte del loro Comando; il decimo militare coinvolto, un
Tenente, e’ stato prosciolto dall’accusa di aggressione e negligenza.
Nessuno dei membri della CIA e’ stato perseguito. Il capo del
team interroganti, Mark Swanner, continua a lavorare per l’Agenzia.
Adesso i principi de facto che regolano le pene inflitte al
personale statunitense resosi colpevole di abusi ai danni di prigionieri
dal 2002 in poi sono chiari: torturare a morte un prigioniero straniero
e’ giustificabile. Autorizzare ed attuare politiche di tortura puo’
portare alla promozione. Ma essere ripreso in una fotografia scattata ad
Abu Ghraib di cui la stampa e’ venuta in possesso puo’ portare ad una
pesante condanna. Oltre al signor Graner, altre sette insignificanti
guardie apparse in diverse fotografie - nessuna delle quali coinvolta in
atti letali - sono state condannate ad un periodo di detenzione.
Secondo un ben documentato e nuovo rapporto [dell’organizzazione]
Human Rights First, soltanto in 12 casi su 98 di morti di detenuti
sotto custodia statunitense si e’ giunti ad una punizione di qualsiasi
tipo nei confronti di personale americano. In otto casi di tortura a
morte di detenuti cinque mesi di reclusione e’ stata la condanna piu’
dura a cui si e’ arrivati.
Il rapporto documenta molti di questi casi fornendo dettagli
agghiaccianti. Si parla, ad esempio, del caso dell’ex Generale iracheno
Abed Hamed Mowhoush, che nel novembre del 2003 fu picchiato per giorni
dagli interroganti dell’Esercito e della CIA, poi messo in un
sacco a pelo e soffocato con filo elettrico. Il caso venne classificato
come “omicidio”, ma soltanto una persona fu sottoposta al giudizio della
Corte Marziale, un sottufficiale. Dopo aver sostenuto, plausibilmente,
che le sue azioni erano state approvate dai suoi superiori in base ad
una politica messa in atto dall’allora Comandante in Iraq, il Tenente
Generale Ricardo S. Sanchez, la pena fu ridotta a 60 giorni di confino
presso la sua abitazione, il luogo di lavoro e la chiesa.
Il caso Mowhoush ricevette molta pubblicita’ e forse questa e’ la
ragione per cui si fece qualcosa. L’Esercito stesso ha etichettato le
morti di 34 prigionieri come “omicidi”, ma in oltre la meta’ dei casi
non sono state fatte incriminazioni. [Nel rapporto di] Human Rights
First si legge che in circa la meta’ dei 98 casi esaminati la causa
ufficiale della morte [dei detenuti] risulta ufficialmente non
determinata o improvvisa. “In dozzine di casi”, cita il rapporto, “le
indagini svolte non hanno portato all’individuazione dei responsabili
degli omicidi e di altre morti inspiegabili”. I Comandanti, a partire
dal Presidente Bush e dal Ministro della Difesa Donald H. Rumsfeld, per
arrivare a livelli piu’ bassi, si sono ripetutamente rifiutati di
considerare gli americani responsabili di crimini di guerra documentati.
Il signor Rumsfeld ed il Comando Militare sono diventati talmente certi
della loro impunita’ da non cercare nemmeno di difendere se stessi.
“Circa 250 persone sono state punite in un modo o nell’altro”, ha
dichiarato il mese scorso il signor Rumsfeld quando gli e’ stato chiesto
degli abusi commessi. Anche i portavoce [del Ministero] hanno dato le
stesse risposte la scorsa settimana dopo l’emissione del rapporto di
Human Rights First. E’ triste che siano soltanto alcuni ufficiali in
pensione, come il Generale di Brigata David R. Irvine, a parlare
onestamente di questa vergogna. I casi di “tortura e morte” catalogati
da Human Rights First sono “la conseguenza di un crollo
scioccante nella disciplina di Comando negli ufficiali dell’Esercito.
[…] Cio’ che senza dubbio si e’ spezzato e’ il principio fondamentale
della responsabilita’ del Comando, e cio’ nasce ai vertici”, ha
dichiarato Irvine.
Fonte :
The Washington Post, 28 febbraio 2006
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