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L’altrove
ritrovato
di
Marisa Lepore
Dal 10 al 23 novembre a
S. Severo al Pendino, chiesa cinquecentesca del centro storico di
Napoli, si è svolta, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del
Comune, “L’altrove ritrovato” la personale di Rosalba Conte, pittrice
napoletana attiva sul territorio cittadino e nazionale, che ha spesso
esposto in spazi non tradizionali e che da anni aderisce al movimento
culturale degli “Sfrattati”.
L’artista si esprime con un lessico che lungo tutto il percorso creativo
resta collocato nella tradizione dell’informale; un informale arricchito
di reminiscenze orfiche, oniriche e surreali dove il cerchio, il vortice
e la linea spezzata sono segni forti di un acceso sentire e di una
ricerca spaziale che tende a ricreare la realtà secondo le coordinate di
un esistenzialismo soggettivo, in cui è comunque facile rispecchiarsi.
I dipinti di Rosalba Conte sono paesaggi della mente, espressioni di
percezioni sensoriali, mondi aperti dove sogno e realtà, emozione e
contemplazione, passione e levità, profondità ed evanescenza creano un
rimando lento, continuo e ondeggiante tra vissuto e sospensione.
Per l’artista è imperativo ordinare il caos emozionale, fissandolo sulla
tela, olio e gessetti, olio e carboncino, olio che penetra la tela,
gessetto e carboncino sulle dita, un’intimità diretta col supporto, un
contatto intimo, una copula.
Ora sfiorate da monocromi di un incompiuto che sottende al pudore del
non detto, ora solcate da densità pastose e dissonanti che sovvertono e
spostano la percezione verso corde più profonde, ora plasmate da forme
vorticali, spezzate, circolari, concave o convesse che frammentano o
ricompongono il sentire, le tele riconducono sempre alla comune
appartenenza.
13 opere in mostra, selezionate dalla scrivente, di misura varia, alcune
molto grandi, realizzate con olio su tela, a volte arricchito da
gessetti o carboncino, per creare un percorso temporale emotivo e
artistico che sfiora, penetra o indugia su mille sfaccettature,
trasformando in materia pittorica interrogativi sospesi, pulsioni
appagate, desideri negati, nostalgie, memorie, proiezioni.
”Autoritratto” introduce all’immaginario e al vissuto dell’artista,
mostrando complesse percezioni del sé, dove
corpo-materia-rosso-femminino e mente-pensiero-blu-mascolino, disgiunti
ma ravvicinati, definiscono un’identità in divenire, incontrollata e
incontrollabile.

Autoritratto
2003, olio su tela cm 50 x 70
In “Inquietutudine” la curva blu è un arco tirato sul mondo interiore.
Scoccante ma bloccato, la tensione dello scatto è ammorbidita e
rallentata, come il rivissuto di un esplosione, di un atto violento, di
un’emozione. E’ sospensione della conoscenza, dilatazione di rumori e di
immagini, rielaborazione di sonorità e fotogrammi di visioni: ciò che è
esploso nell’animo in tante piccole parti è ricomposto nel caleidoscopio
della memoria.
La lunga orizzontalità di “Amore spinoso” è un racconto di emozioni dove
segno-gesto, colore e forma alternano il proprio codice accogliendo,
scandagliando e sorprendendo, proprio come agisce la vita. Gli occhi
divengono protagonisti, ora ugualmente mossi da sinistra verso destra e
da destra verso sinistra, come per una lettura da canone inverso; ora
fissati al centro di convergenza degli elementi compositivi o reclinanti
a sovvertire il diacronismo a cui la lettura ci aveva assuefatto,
ricomponendo sempre in maniera diversa il caleidoscopio dei segni
impressi sulla tela.
La tela è testimone di un’esperienza che nasce leggera, cresce forte con
il sapore dell’esaltazione e della sconfitta e implode nella
sublimazione; è una forza che frammenta il sentire fino all’annullamento
e lo accoglie fino alla ricomposizione.

Amore spinoso
2004, olio su tela cm 200 x 60
“Onde di colore” e “Chimera” creano un vortice policromo di forme che
cattura e culla, senza mai assorbire completamente, baratro sospeso,
aperto, quasi occhio galleggiante su profondità biancheggianti o liquide
e amiche che riconciliano ad umori ed amori antichi e prossimi e da
venire.
“Joker” e “Tetrafonia”, tele forti, accese e contrapposte nel contenuto,
alternano alla caoticità compositiva della prima, il didascalico e
biografico racconto di una esperienza che ha fortemente segnato
l’artista.
“Profondità 2“ è un abisso scuro, un’ecografia della mente la cui
immagine, sulla grande tela quadrata, assorbe e avvolge fino alla
sorpresa del rinvenimento di una forma azzurra e acquorea che smorza lo
sconcerto.
“Liberami”, “Bimba” e “Ferita “, tra le opere più recenti, hanno segni e
colori incisivi, sparsi sul bianco della tela come degli incompiuti non
terminabili per pudore, timore o titubanza, e lasciano lo spettatore
pensieroso e incuriosito, segnato e attratto.

Liberami
2004, olio su tela cm 70 x 100 |

Bimba
2004, olio su tela e gessetti cm 70 x 100 |
“Evanescenza” e “Piramide”, monocromi lievi, liquidi, pura materia
emozionale, si estendono e proiettano oltre la loro stessa immagine,
verso un “altro altrove” dell’artista tutto ancora da scoprire.
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