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Storia di
“Papillon”
di
Mauro Ungarelli
L’esperienza
dell’Associazione Culturale Papillon - Rebibbia inizia nel maggio del
1996 ad opera di un gruppo di detenuti della casa circondariale romana
“Rebibbia nuovo complesso” che iniziano ad organizzare nelle disastrate
biblioteche dei reparti alcune semplici ma coinvolgenti iniziative
culturali tra gli oltre 1500 “ospiti” dell’istituto.
L’idea-forza era, ed è, molto semplice: la diffusione della cultura
nelle carceri è uno strumento indispensabile per arrestare l’inevitabile
regressione psicofisica prodotta dalla detenzione e può anzi aiutare la
maggioranza di coloro che vivono reclusi a liberarsi da quel moderno
feticismo del denaro che sovrapponendosi per lo più ad una situazione di
emarginazione economica e sociale, crea in milioni di giovani e meno
giovani la drammatica illusione di potersi garantire un’esistenza
decente e un futuro migliore attraverso la continua reiterazione di
pratiche illegali e violente. La cultura può concorrere in misura
decisiva nell’insegnare anche ai detenuti ad iniziare un percorso
critico delle esperienze individuali passate e a fornire risposte
adeguate e non criminogene ai tanti diversi e inevitabili periodi di
crisi che scandiscono la vita di ogni persona.
La promozione di numerosi momenti di confronto con le Istituzioni a
tutti i livelli (dai Comuni, alle Regioni, alle Commissioni
Parlamentari) ha invece lo scopo di aiutare i detenuti a formarsi una
coscienza critica, ossia di cittadini a tutti gli effetti, consapevoli
dei propri errori e dei propri limiti ma anche dei diritti, della
dignità e dei doveri verso di loro che la Costituzione stabilisce.
La Papillon, per mezzo dei suoi iscritti, ex detenuti e cittadini
simpatizzanti, opera anche sul territorio realizzando progetti volti al
re/inserimento sociale di chi, uscito dal carcere o in misura
alternativa alla detenzione (Legge “Gozzini”), sceglie di abbandonare la
devianza e costruirsi un futuro migliore attraverso lavori socialmente
utili.
La filosofia di fondo della Papillon, quindi, è che ogni detenuto o ex
detenuto socialmente re/inserito è una persona in meno che compie reati.
Ed è questo il contributo, pur consapevoli del suo limite, che si vuole
dare al cittadino il quale giustamente reclama il sacrosanto diritto di
vivere in un contesto sociale di pace e sicurezza.
Convegno:
Carcere e società. Dopo gli obiettori e i detenuti nei servizi comunali.
Storia di un'esperienza.
Venerdi 16
dicembre alle ore 15 nella Piazza delle Culture della Casa della
Conoscenza - Casalecchio di Reno (BO)
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