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Alle nove del
mattino
di
Vincenzo Andraous
Alle nove di un qualunque
mattino di una scuola superiore, uno studente del 1° anno è stato
trasportato d’urgenza al pronto soccorso: diagnosi, coma etilico.
Il Preside dell’Istituto mi ha invitato a dare un contributo con la mia
testimonianza.
Mi sono recato all’appuntamento con angoscia, di fronte a un episodio
davvero grave; la sensibilità della parola deve camminare con la
responsabilità del confronto.
Nel dialogare per conoscere le problematiche della trasgressione che
diventa spesso devianza, di come e quanto nell’assunzione di sostanze,
nella più grande discesa c’è solamente la più dura salita, lo spavaldo
di turno mi diceva che lui la canna la fumava, ma non si considerava
assolutamente un drogato.
Un altro simpatico provocatore mi sgridava, perché a suo dire non aveva
bisogno di nessuno, si aiutava da solo per risolvere i suoi problemi.
Infine qualcuno ha sostenuto che non c’è necessità di chiedere una mano
all’altro, né di affidare ad altri il proprio dolore, meglio custodire
nel silenzio le proprie sofferenze, proprio perché gli altri “ ti
fregano quando dai fiducia “.
Senza rendersene conto stavano sciorinando i colpi bassi che avevano
condotto in sala rianimazione il loro compagno: le presunzioni, le
assenze, le fughe in assunzioni di coraggio al millesimo, il nuovo
disagio, quello dell’angolo autistico.
Fin troppo facile ricorrere all’eredità lasciata e trapassata dalla mia
adolescenza, per tentare di avvertire chi ho innanzi del pericolo insito
nei rischi estremi, quelli che non hanno parentela con alcuna capacità
di scelta né di libertà.
I ragazzi ora tacciono, riflettono sull’intorno reale, su qualcuno che
manca all’appello, ma in questa aula magna, mi accorgo improvvisamente
che non riesco a sbattere contro l’inadeguatezza e l’indifferenza dei
docenti, di quanti hanno giudicato e condannato, e con la stessa
superficialità hanno scelto di andare a fare la spesa o qualche altra
commissione, assai meno impegnativa del partecipare a questo incontro,
sottraendo alla discussione quella parte di criticità vitale, affinché
all’istruire trasmettendo nozioni, possa affiancarsi l’arte
dell’educare, tirando fuori e costruendo insieme, intuizioni e passioni
e ideali nuovi, perché questo disagio non abbia a decantare lodi
all’imbocco dei vicoli ciechi…..
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