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La vera America
vuole farsi sentire, per favore?
di
Daniel Vallin
(libera
traduzione di Arianna Ballotta)
29 dicembre 2005
Il potere della mitologia sulla logica è sorprendente: mitologia
accettata dalle persone e alla quale esse credono, nonostante i fatti e
le prove che dimostrano il contrario, mitologia su chi sono, dove
vivono, sulla loro storia. Mi sembra che non ci sia nessun’altra nazione
industrializzata al mondo che soffre quanto gli Stati Uniti d’America
sotto il peso dei suoi stessi miti. Ricordo che da bambini, a scuola,
eravamo costretti ogni giorno a rinnovare la promessa dinanzi alla
bandiera americana e ogni giorno ci veniva detto quanto gli Stati Uniti
d’America fossero un grande Paese, ricco e democratico. Queste cose ci
venivano propinate come verità eterne che noi non mettevamo mai in
dubbio, mentre al tempo stesso ci venivano insegnati l’analisi logica,
l’importanza di valutazioni reali e ci parlavamo di metodi scientifici.
Vorrei esporre in termini semplici alcuni di quei miti. […] La maggior
parte degli americani che io conosco considerano gli Stati Uniti
d’America il Paese più grande del mondo, il più ricco, il più
democratico, una grande forza del bene. E’ il Paese leader nel mondo per
il pensiero progressista. E’ un Paese generoso che dona così tanto ai
Paesi poveri. Nessuna di queste affermazioni è vera.
E’ vero che gli Stati Uniti sono il Paese più ricco al mondo in termini
di benessere materiale, ma gli standard di vita non sono fra i più alti.
I Paesi più ricchi in termini di reddito pro-capite sono il Lussemburgo
e la Norvegia. In termini di ricchezze naturali, il campione indiscusso
è la Russia. In termini di qualità della vita negli Stati Uniti
d’America, dobbiamo considerare i seguenti fattori. I cittadini
americani sono gli unici del mondo occidentale a cui non viene garantita
alcuna forma di assistenza sanitaria. Infatti, secondo l’Ufficio
Americano di Statistica, oltre 45 milioni di americani sono sprovvisti
di assicurazione sanitaria (si veda anche l’articolo pubblicato sul
Washington Post, 27 Agosto 2004, p. A01). Non sorprendentemente, quindi,
gli Stati Uniti hanno il più alto tasso di mortalità infantile di tutti
i Paesi occidentali e si posizionano al 28esimo posto nella graduatoria
mondiale. Lo stesso accade più o meno per l’aspettativa di vita
nell’ambito dei Paesi occidentali: secondo l’Organizzazione Mondiale
della Sanità, gli USA si posizionano al 24esimo posto. Inoltre, secondo
i rapporti ONU, negli Stati Uniti d’America vive la più alta percentuale
di poveri di tutte le nazioni industrializzate. L’Ufficio di Statistica
ha reso noto che nel 2003 la percentuale di americani che vivono in
povertà è aumentata del 13,5%, e questo significa che ci sono 35 milioni
di persone che vivono in povertà nel Paese che gli americani definiscono
il più ricco del mondo!
Bassa aspettativa di vita, alta mortalità infantile, decine di milioni
di poveri senza assistenza sanitaria. Questi non sono esattamente i
parametri che ci si aspetta da una nazione ricca. Il potere del mito è
incredibilmente forte!
Anche in termini di generosità gli Stati Uniti si distanziano dagli
altri. Mentre la maggior parte degli americani definirebbe “generoso” il
proprio Paese, secondo il rapporto OECD nel 1998 gli USA si sono
classificati all’ultimo posto fra le nazioni industrializzate a dare
aiuto ai Paesi poveri ed in via di sviluppo (percentuali calcolate sul
PIL). Da notare, a questo proposito, che un terzo degli aiuti americani
all’estero vanno ad Israele. E da un rapporto del 2002, risulta che le
cose non sono migliorate e che gli USA stanno sempre all’ultimo posto
sia per l’aiuto privato che governativo fornito ai Paesi poveri (calcoli
effettuati su base pro-capite. Si legga "Ranking the Rich," da
Foreign
Policy, Maggio/Giugno 2004 Center for Global Development e Carnegie
Endowment for International Peace). Ecco, quindi, quanto è generoso il
Paese più “ricco” del mondo.
Nonostante i fatti sopra riportati, ogni americano con cui parlo insiste
nel dire che “non sono rappresentativi dell’America”. Quando parlo degli
squallidi bassifondi e dei ghetti presenti in ogni grande città
americana, da New York a Los Angeles, da Denver a Chicago, i miei amici
americani sembrano essere davvero convinti che le persone che vi abitano
non contano niente. Non sono veri americani. E cambiano discorso
facendomi invece notare il benessere esistente nei sobborghi delle città
americane. La tessa risposta la ricevo quando parlo delle persone che
vivono in case su ruote nelle aree rurali. Nel settembre del 2005 il
mondo ha visto, immagine dopo immagine, gli americani poveri e disperati
di New Orleans, che imploravano l’aiuto che il loro Governo non stava
loro fornendo. E’ stato chiaro a qualsiasi osservatore che non ci si
trovava di fronte unicamente al risultato di un disastro naturale o di
una scelta economica di concessione fondi alla guerra piuttosto che alla
costruzione o al mantenimento di argini di contenimento in territorio
americano, bensì anche al risultato della povertà vera e semplice. Ma
proprio quando il resto del mondo osservava con sgomento, gli stessi
americani sembravano incapaci di accettare che c’era qualcosa di
sbagliato nella loro certezza/immagine di ricchezza ed invulnerabilità.
Questo potere del mito sull’analisi logica ci porta dentro al regno
della politica.
Gli americani in genere sembrano essere certi della democraticità del
loro sistema. Molti credono che si tratti della prima democrazia del
mondo, mentre – ovviamente – il mondo intero torna indietro all’antica
Grecia. Altri ritengono si tratti della più antica democrazia del mondo,
quando invece in Islanda la democrazia esisteva già secoli prima che gli
europei colonizzassero il continente nord-americano. Ma, ancora più
importante, è che nessuno sembra far caso al fatto che le elezioni
presidenziali del 2000 e del 2004 hanno messo seriamente in discussione
l’intero sistema. Costellate di accuse di scandali e frode, le elezioni
del 2000 hanno visto l’insediamento di un leader che non ha vinto coi
voti della maggioranza della popolazione e che ha iniziato a governare
in seguito ad una decisione presa da un tribunale. Ma nonostante tutto
questo, la gente dice: “d’accordo, le ultime due elezioni saranno state
fraudolente, ma a parte questo, noi siamo molto democratici”.
Mi preme far notare che nei Paesi più industrializzati esistono da 3 a
12 o più partiti politici […] che rappresentano diversissimi punti di
vista e difendono interessi diversi, mentre negli Stati Uniti ne
esistono soltanto due che hanno sostanzialmente i medesimi programmi di
base (cioè: sì alla guerra, sì al libero commercio, sì alla sorveglianza
segreta dei propri cittadini, come previsto dal “Patriot Act”,
eccetera). Anche qui la stessa risposta da parte degli americani: “sì,
ma a parte questo, noi siamo molto democratici”. Niente sembra scuotere
le opinioni dei cittadini americani.
Ogni esame accurato della storia della politica estera americana rivela
un consistente ed endemico sostegno a dittature di vario genere, da
Pinochet in Cile, a Batista a Cuba, da Somoza Debayle in Nicaragua a
Mobuto Sese Seko in Zaire (e la lista potrebbe continuare molto di più).
Ma nonostante questi fatti, quasi tutti gli americani, dai singoli
individui ai membri della stampa, anche specializzata, sostengono che
gli Stati Uniti rappresentano una forza democratica nel mondo e parlano
di esportazione la democrazia, quando il loro stesso sistema manca di
credibilità e, addirittura, la sua stessa storia suggerisce esattamente
il contrario.
Quando dico che gli Stati Uniti sono il Paese ad avere la più grande
popolazione carceraria di qualsiasi Paese al mondo (fonte: International
Centre for Prison Studies presso il King's College di Londra) e che sono
l’unica potenza industrializzata dove la pena capitale è accettata (per
non dire “festeggiata”, cosa che più si addirebbe per come la vede una
certa parte della popolazione), nessun americano sembra accettare la
definizione che gli Stati Uniti non sono un Paese dal pensiero
particolarmente progressista.
Tutti questi miti esistono in un Paese che soffre già di gravi problemi
di immagine. […] Ma non possono esserci miglioramenti senza prima
riconoscere la realtà e non si possono fare passi in avanti senza prima
ammettere onestamente come stanno le cose.
Ho la sensazione che gli americani abbiano una percezione molto
selettiva, un’auto-percezione pericolosa per sé stessi e per il resto
del mondo. Nell’elogio a Rosa Parks, il Reverendo Al Sharpton disse ai
presenti che non è sufficiente “dirla come la si vede”, perché “uno
specchio non è fatto soltanto per riflettere ciò che ci sta di fronte,
uno specchio serve per modificare ciò che si vede”!
Nell’interesse sia della riflessione che della correzione, credo che sia
ora di iniziare a sfatare i miti.
Fonte :
Dissent Voice (Daniel Vallin è uno scrittore che da molto tempo non
vive più negli Stati Uniti d’America)
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