agli incroci dei venti

 


 

HOME

Società

Politica

Arti visive

Lettura

Scrittura

Punto rosa

Legalità

Paesi in guerra

Mondo

 
     
   

così dice Francesco

 
 

Così dice Francesco la morte
di Dino Dozzi
 

Dopo aver festeggiato tutti santi, anche quelli non presenti nel calendario, il giorno dopo, il 2 novembre, abbiamo ricordato i nostri morti. Vestita di nero e con la falce in mano: così viene raffigurata la morte. Ci domandiamo come Francesco ha sentito e parlato della morte.

L’ha chiamata sorella
“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare” (FF 263). Nel Cantico di frate sole, la morte è l’ultima realtà per la quale Francesco loda il Signore. Paolo l’aveva chiamata “ultima nemica” (1Cor 15,26), Francesco la chiama “sorella”. Si tratta della morte corporale, vista non come porta che si chiude sulla vita, ma come porta che si apre sulla nuova e definitiva vita. Terribile sarebbe “la morte secunda”, la morte spirituale, dalla quale Francesco mette in guardia: “Guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali”. Nessuna paura deve fare invece la prima morte, quella corporale; anzi “beati quelli ke (essa) trovarà ne le Tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà male”. Per chiamare sorella la morte, per lodarne il Signore e per dichiarare “beati” quelli che vengono da essa trovati nella volontà di Dio, ci vuole uno sguardo di fede limpido e forte. E vale anche qui il detto: “Talis vita finis ita”, si muore come si è vissuto. Francesco può chiamare e sentire così la morte, perché ha chiamato e sentito così la vita, con fede: sono due doni di Dio, sono due sorelle.

L’ha accolta come porta della vita
È talmente scioccante il modo con cui Francesco accoglie la morte, che ogni anno, la sera del 3 ottobre, nelle chiese francescane viene ricordato “il transito di san Francesco”: si ricorda la sua morte, ma viene chiamata “transito”, per esprimere ciò che la liturgia e la fede ricordano nel prefazio dei defunti: “La vita non è tolta, ma trasformata”. Straordinario è il racconto dei biografi: i frati sono raccolti in lacrime attorno a Francesco morente; egli, che non è sacerdote, compie un gesto “sacerdotale”: “si fece portare del pane, lo benedisse, lo spezzò e ne diede da mangiare un pezzetto a ciascuno”. Poi volle il libro dei Vangeli e fece leggere il racconto dell’ultima cena di Gesù con i discepoli. Invitava i compagni e tutte le creature alla lode di Dio. “Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode e, andandole incontro lieto, la invitata a essere sua ospite: “Ben venga, mia sorella Morte”. Sempre accogliente Francesco e con tutti, anche con la Morte. Al medico disse: “Coraggio, fratello medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita”. E ai frati: “Quando mi vedrete ridotto all’estremo, deponetemi nudo sulla terra e, dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così, per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio” (FF 808-810). Chiama coraggiosamente le cose col loro nome; sa vedere attorno a sé fratelli e sorelle da cui accomiatarsi con serenità; compie gesti non clericali ma sacerdotali; accoglie la morte come porta della vita; fa capire che ha gustato la vita precedente e che gusterà ancor più la vita futura. Così dice e accoglie Francesco la morte.

 
 

 

 
 

agli incroci dei venti, 31 ottobre