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Una terra di
nessuno
di
Gianfranco Fabbri
Caro Ruggero eccomi qui,
assieme a te, seduto piacevolmente al tavolo di una bella caffetteria di
Forlì o di Ravenna, mentre si discute del tuo ultimo romanzo “La banda
della Croce”. Mi facilito il compito ripercorrendo la trama.
Innanzitutto voglio dirti che scrivendo quest’opera ti sei assunto la
grande responsabilità di dipingere una terra di nessuno, un limbo di
situazioni dolorose che la Storia non ha sufficientemente analizzato.
Parlo naturalmente dei momenti posteriori alla fine del secondo
conflitto mondiale, all’interno cioè del tempo in cui, in parallelo con
il trionfo degli Alleati, si muoveva tutto un insieme di irriducibili
difensori del Terzo Reich. Questi fedelissimi appartenevano a varie
bande, la più nota delle quali fu proprio quella definita della Croce.
Contro di loro operavano gruppi di ebrei desiderosi di vendetta; dalla
stessa parte, invece, viveva tutto un variegato corredo di donne fatali,
un po’ spie un po’ puttane, le quali procuravano documenti falsi agli ex
nazisti in procinto di fuggire in sud America. Questo tu tratti nel tuo
romanzo, stando bene attento a non mettere troppa carne al fuoco, perché
veramente i personaggi sono tanti, da una parte come dall’altra. Ebbene,
nonostante un inevitabile addensamento, talvolta didascalico, nel
presentare il “cast”, riesci onorevolmente a sfilare via, pagina dopo
pagina, verso l’epilogo drammatico (proprio come quello di una tragedia
greca, sì), passando attraverso gli agguati compiuti dai componenti la
Banda, con lo scopo di dare un ultimo colpo d’ala al senso dell’onore e
a quello dell’estetica della morte.
Ma chi sono veramente i protagonisti di questo consorzio di disperati?
Sono gli stessi ideali del nazismo fatti persona; sono cioè un misto di
attrazione fatale per l’occultismo, per il mistero e per la
predestinazione ad essere Dèi Supremi, nella galassia degli Olimpi
planetari. Sono, in definitiva, l’essenza stessa del Fuhrer. Vivono di
estreme contraddizioni: sono iper-virili, conquistatori, violenti,
fedeli all’idea scelta; sono anche, di converso, dediti alle droghe,
all’omosessualità (che nel contempo vietano agli uomini di razza
“inferiore”). Sono tutto ciò che l’uomo desidera, al di là del senso del
Bene e del Male. In quanto individui superiori, sentono la necessità di
permettersi qualsiasi cosa, senza che la coscienza possa muovere un
pelo, giacché il Dio che in loro si agita non ha spie che possano
individuare il muro del limite. Su questo fronte, perduta la guerra che
Hitler aveva promosso all’intero pianeta, il formicaio di irriducibili,
determinati a distruggere i Comandi Alleati, risultano come l’ultimo
rigurgito di fedeltà a un mondo considerato di “estrema bellezza”. Con
il 1945, e per alcuni mesi del 1946, gli eroi negativi della Banda della
Croce sembrarono aver ubbidito del tutto al fattore irrazionale su cui
il Nazismo aveva in parte posto le proprie fondamenta. Secoli di grande
cultura teutonica svaniscono in un battibaleno, e si avvalora il trionfo
di una sorta di nuovo medioevo, dai caratteri gotici, foschi, romantici
ed infernali.
Questo, sei riuscito a dire, caro Ruggero, con grande dinamismo di
scrittura, sgusciando, come già accennato, da un quadro all’altro (ora
tra il dire concitato degli ebrei cacciatori, ora tra i dialoghi dei
militari anglo-americani e infine tra quelli dei grandi “ribelli”). Ci
hai regalato un fitto spaccato della confusione, dell’abbandono di ogni
valore, oggi considerato ortodosso: oltretutto, smarcandoti con perizia
dalle trappole narrative che tu stesso ti eri fabbricato, tramite il
ricorso a frequentissimi particolari tecnici delle armi usate nei
molteplici assalti per le strade di Amburgo, la città dove si svolge la
trama.
Questo mi sento di dirti, all’interno del nostro bar.
Ma vedo che, tra una parola e l’altra, abbiamo fatto incetta di paste e
cioccolato in tazza.
Sarà forse l’ora di salutarci?
Ti auguro allora un buon successo e ti faccio una raccomandazione:
distribuisci bene questo tuo libro; fa’che transiti su tutti gli
scaffali delle italiche librerie: i nostri ragazzi hanno bisogno di un
segno che resti nella memoria collettiva.
Oltre il tempo, 25 ottobre 2005
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