agli incroci dei venti

 


 

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Il Partenone
di Luigi Impieri

Per la Grecia Classica quella governata per intenderci da Pericle, il concetto di bello era coniugabile non certo da dati soggettivi ma da regole certe e dunque oggettive, determinate da un ordine matematico.
Per esempio, una scultura per poter essere definita “bella” doveva avere un’unità di misura pari ad otto teste, la metà del corpo doveva coincidere nell’attacco delle gambe, il piede doveva risultare un settimo della lunghezza del corpo, la testa un’ottavo, e la faccia un decimo.
La “posa” era poi determinata dal chiasmo.
Tutto ciò è quel che previde Policleto nel suo famoso Kànon (regola).
La ricerca di individuare un’ordine matematico, finalizzato alla “ricetta” del bello, in architettura troverà il suo apogeo nella costruzione avvenuta tra il 447 e il 432 a. C, ad Atene, di un grande tempio, octastilo e periptero in ordine dorico, il Partendone.

Partenone

 

Al fine di ringraziare la Dea Atena per avergli permesso di stipulare nel 448 a.C. con i Persiani la pace di Callia (dal nome dell'ambasciatore incaricato, con la quale veniva sancito un compromesso che prevedeva la non interferenza dei Greci nel Mediterraneo orientale e la rinuncia da parte dei Persiani ad ogni aggressione alle colonie greche dell'Asia Minore), Pericle ne decise la costruzione sull’acropoli di Atene, assumendo al fine della sua realizzazione, i più importanti artisti dell’epoca.

 

Pericle



Fidia sarà nominato Episkopos(sovrintendente dei lavori) e accanto a lui condivideranno l’impresa gli architetti Iktinos, Kallikrates e probabilmente Karpion.
La progettazione, ebbe un’incubazione di circa due anni; qui si decise di ampliare una precedente costruzione, iniziata già ai tempi di Cimone ma interrotta dalle continue incursioni persiane.
Le sei colonne previste nel tempio precedente divennero otto e le sedici della facciata maggiore diciassette.
Ampliata fu anche la cella nella quale sarebbe stata collocata la statua crisoelefantina (oro e avorio) alta 12 metri raffigurante la Dea Athena Parthenos, scolpita direttamente da Fidia.

 

Athena Parthenos

 

Ma ciò che più di ogni altra cosa, risulta sorprendente per ritornare al nostro discorso iniziale, fu lo studio affrontato già in fase di progettazione, per far sembrare agli occhi degli ateniesi, il Partendone, davvero perfetto.
Ogni elemento del grande tempio, fu infatti costruito con rapporto di proporzione 9:4 ricorrendo a correzioni ottiche per contrastare gli effetti di una percezione deformata.
La base del tempio (stilobate), ad esempio affinché potesse sembrare dritta, fu costruita (sembra un paradosso!) con il centro convesso e ogni colonna al fine di apparire perfettamente eretta fu e realizzata con un rigonfiamento.al centro del tronco detto entasis e posizionata sullo stilobate con una determinata inclinazione.
Insieme alle “correzioni ottiche”, anche il “conflitto angolare” fu un problema da risolvere da parte degli artisti, impegnati alla costruzione del Partendone.
Cioè il rapporto fra fregio dorico e colonna angolare.
In questo senso si notano nel tempio alcune piccole varianti numeriche: le colonne laterali sono inclinate di sette cm verso l’interno, quelle angolari di 10 cm.
Ne consegue che molte di queste variazioni sopraggiunsero in corso d’opera e di conseguenza il risultato fu che nessun blocco di marmo ha nel Partendone una forma geometrica definita e che in tutto l’edificio non esiste ripetizione.




Tutta la trabeazione benché oggi appaia pallidamente bianca, fu colorata, di rosso, blu e giallo.
Le sculture in marmo Pentelico che raffiguravano le Panatenee in onore d’Atena, furono anch’esse dipinte e arricchite da decori in bronzo dorato.
Furono distribuite su novantadue metope (quattordici sui lati brevi e trentadue sui lunghi), lungo un fregio di centosessanta metri che decorava il perimetro esterno della cella e sui due frontoni.

 


Sul lato occidentale fu rappresentata un’Amazzonomachia e sul lato opposto orientale una Gigantomachia.
La mano grande di Fidia, si avverte chiaramente, nelle sculture dei frontoni.
Quello orientale recava ai lati il sole sul carro che sorgeva dal mare e Selene, che con la sua quadriga vi sprofondava mentre al centro era rappresentata la nascita di Athena.
Leto ed Afrodite in grembo a Dione, assistevano alla scena.
Quello occidentale, rappresentava la lotta fra Athena e Poseidone per il possesso dell’Attica.
Qui in particolare le sculture si inseriscono ritmicamente, armonicamente e realisticamente, dimostrando ancora una volta, le grandi capacità di un artista in grado di alludere ( illudendo!), ad uno sfondo realistico, benché l’opera dovette essere posta, all’interno di uno spazio artificiale e complesso qual’era il triangolo del frontone che avrebbe dovuto contenerla.
Il ritmico panneggio delle vesti, la perfetta anatomia e il movimento dei corpi scolpiti sono l’esempio chiaro di quanto elevato fu il livello delle conoscenze artistiche e tecniche raggiunte all’epoca non solo da Fidia.

 


Durante l’assedio veneziano dell’Acropoli il generale Francesco Morosini nel 1687 prese a cannonate il Partendone.
I turchi all’epoca avevano ricavato nel tempio un arsenale e l’esplosione che ne risultò demolì buona parte della costruzione, fra cui il tetto, la struttura interna e 14 colonne esterne.
Il colpo di grazia infine lo darà successivamente, nel 1801, Lord Elgin, l’ambasciatore inglese presso l’impero ottomano, che ottenuto un permesso dal governo, asporterà quel che ancora non era stato danneggiato o saccheggiato, trasportandolo in patria a Londra, al British Museum, luogo in cui ancora oggi è possibile vedere i resti di questo straordinario edificio.

 

 
 

 

 
 

agli incroci dei venti, 10/10/05