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La solitudine e
il coraggio
di
Riccardo
Orioles
"Me ne faccio poco di
questi due, tre giorni di copertura mediatica. Me ne faccio poco della
visita di Ciampi o del cordoglio politico. L'esperienza mi ha insegnato
che poi tutti torneranno a casa propria, e della Calabria non gliene
freghera' di nuovo niente a nessuno. O solo per due-tre giorni l'anno".
* * *
L'assassinio del vicepresidente della Calabria Francesco Fortugno e'
pari per gravita' a quello - vent'anni fa - di Piersanti Mattarella.
Eppure, a poco piu' di una settimana, e' gia' scivolato via dalle pagine
dei giornali. "Tutti sanno chi sono i mafiosi". "Mentre a Roma si
discute, Sagunto viene espugnata". "E adesso ammazzateci tutti". "Qui e'
morta la speranza dei palermitani onesti". A distanza di tanti anni, le
due solitudini - la siciliana e la calabrese - si fondono, si fondono
gli appelli degli arcivescovi, si fonde la disperazione di quei cartelli
- "ammazzateci", "e' morta" - che gridano a tutto il paese l'orrore del
vivere sotto occupazione. Si fondono le imbarazzate risposte dei governi
(ma come si poteva prendere posizione contro Ciancimino avendo un
Andreotti nel governo? contro la mafia d'oggi avendo un partito
capitanato da Dell'Utri?) ma si fonde anche, per un momento intensissimo
che spesso si paghera' con anni e anni di traversie, la risposta degli
studenti, dei giovani e giovanissimi cittadini che nello sfacelo
generale restano la' a difendere la citta', la giustizia e i valori
civili.
Adesso, nella memoria del vecchio, i visi del liceo Meli dell'93 e
quelli delle scuole di Locri si confondono. Sono gli stessi ragazzi, e'
la stessa lotta. Sono i medesimi visi impauriti e coraggiosi. Sono gli
stessi politici, che vengono a portar conforto, ma poi se ne vanno.
Sono le stesse telecamere, che ronzano sui morti per terra e sui cortei
ma poi - seppelliti i cadaveri, finite le manifestazioni - se ne vanno.
E tu resti la' solo, a Palermo, a Catania, a Reggio, a Cinisi, a Locri,
avendo imparato in pochissimi giorni cio' che la tua giovane vita mai
avrebbe pensato di poter contenere: l'immensita' della solitudine, la
solidarieta' fra i pochissimi, il bruciore dell'offesa, la durezza del
compito improvviso da sostenere. Pochi giorni fa eri un ragazzo, pochi
giorni dopo sei un testimone in prima linea, senza che nessuno abbia
richiesto il tuo parere o ti abbia detto perche'. Sai solo che tu sei
li', che se scappi tu non ti sostituira' nessun altro e che qualcosa di
antichissimo e di profondo ti impedisce, malgrado te, di scappare.
Io vorrei dire moltissime cose adesso, ma non ci riesco. So solo che
capisco perfettamente voi ragazzi calabresi. Siete noi, siamo voi.
Siete quelli di noi che erano la', in via dello Stadio a Catania o in
via Carini, quando non si sapeva ancora se si sarebbe andati avanti o
tutti a casa. Quelli che gia' un mese dopo erano dimenticati da tutti,
dai politici e dai giornali, ma erano ancora la'.
Sarebbe abbastanza facile - lo sarebbe stato allora, nell'85 e poi nel
'93 e poi ancora a fine anni Novanta - distruggere la mafia e la
'ndrangheta, che sono spietate si' ma non sono assolutamente cosi' forti
come si dice. In Grecia hanno una legge, per cui se compri uno yacht, un
palazzo, un bene superiore a un valore fissato dalla legge, devi prima
dichiarare e provare da dove ti vengono i soldi. Una misura rozza, ma
funziona. Piu' ancora funzionerebbe il provvedimento chiesto da tutti
coloro che si sono occupati di mafia - da Pio La Torre a Umberto Santino
- e cioe' la trasparenza delle attivita' bancarie, la fine della finanza
come attivita' coperta e l'obbligo per tutti i movimenti di capitale di
essere controllabili sia dalle autorita' che dai cittadini. Sono i
controlli bancari che ammazzano Cosa Nostra. E allora perche' non li
fanno? Che hanno da perdere? In fondo la maggior parte delle banche sono
oneste, no? Leggete le cronache bancarie di queste settimane e avrete la
risposta. Non si possono smascherare i soldi della mafia senza portare
alla luce del sole anche i traffici non-mafiosi. Che non sono protetti
dai killer ma da una rete di media e di politici di efficacia non
minore.
* * *
Le telecamere se ne vanno. Se ne va l'attenzione, che e' quella che ti
permette di restare vivo anche quest'altra settimana. I media non sono
mafiosi, ma di noi - vivi e morti - se ne fregano altamente. Anche
rispetto ai media (soprattutto rispetto ai media) siamo soli. Questa e'
un'altra lezione che abbiamo dovuto imparare allora, nel giro di pochi
giorni. Ma noi eravamo giornalisti. Sapevamo come si fa informazione.
L'abbiamo fatta da soli, in solitudine per il palazzo, ma in una rete
strettissima di ragazzi, di giovani, di centinaia e centinaia di
senza-potere. Alla fine abbiamo vinto, siamo riusciti a cacciare gli
imprenditori mafiosi dalla nostra citta'. Certo, l'abbiamo pagata.
Diversi di noi ne hanno avuto la vita rovinata, rimasti emarginati da
tutto. Pero' abbiamo vinto. Non ci sono vie facili. Pensateci.
* * *
Adesso, per quanto pochi, siamo ancora qui. Diteci in che cosa vi
possiamo aiutare. Se volete delle telecamere, abbiamo un amico ricco che
ce le puo' dare. Ma dovrete usarle da voi, nessun altro lo fara' al
posto vostro. Se volete stampare, e' il nostro mestiere; possiamo
aiutarvi a fare un giornale anche fra una settimana. Ma sara' un
giornale povero, senza guadagni e senza grandi firme. Se volete
internet, stiamo organizzando un sito, e se volete e' vostro. Ma non e'
repubblica o libero.it o cnn, e' solo un sito di verita' - di verita'
giornalistica, non demagogica, professionale - ma non di potere. Se
volete lottare, possiamo aiutarvi - meglio di chiunque altro in Italia -
a costruirvi gli strumenti. Ma a lottare con essi - se andrete avanti -
sarete voi.
* * *
Per me personalmente, fra una cosa e l'altra, questi sono stati mesi di
grandi trattative: per fare giornali, siti, tv satellitari, web tv...
Tutto con gente molto per bene, persone oneste, a volte persino
compagni. Ma c'era qualcosa che non quadrava, che non capivo, e adesso -
dopo Locri - l'ho capita. Io non so fare tutte quelle cose difficili, di
marketing, "aziendali". So fare solamente queste cose qua, queste che ho
sempre fatto, che costano moltissimo per chiunque ci metta mano e che a
parte cambiare il mondo non ti portano niente. Chi ci sta? Fra un mese o
un anno o fra dieci anni, oppure ora. Nessuno, per quanto grande e
importante sia, che non sia come noi ce la puo' fare. Chi c'e', si
faccia avanti: c'e' bisogno di tutto, a Palermo, a Catania, in Italia, a
Locri. Noi comunque andremo avanti anche da soli, sempre sulla stessa
strada che a nessun costo cambieremo: i pochi, gli amici felici, i
buoni.
La catena di
Sanlibero 307 - 24 ottobre 2005
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