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Melopulp
a Gian Ruggero
Manzoni sul suo libro La banda della croce
Caro Gian Ruggero con il
tuo romanzo hai, a mio avviso, messo un piede nella lirica. Non mi
sembra un caso che Georg Halder nella pienezza delle sue facoltà
distruttive alla festa danzante canti Wagner mentre scarica i caricatori
delle sue automatiche sui vincitori del conflitto. Del melodramma, “La
Banda della Croce” ha tutto. Una storia di torbide passioni e un’epica
di riscatto e vendetta, una storia d’amore in nero che sfocia nel
delitto, i personaggi scolpiti nel granito dalle mascelle forti e dalle
fronti spaziose, i personaggi di contorno che vischiosamente tramano
nell’ombra, la musica wagneriana di sottofondo e una scenografia cupa.
Ma su tutto svetta un cameratismo fosco e vagamente omosessuale che
strizza l’occhio ai melò Fassbinderiani anche se qui il
sottoproletariato non c’entra per niente. È una ballata macabra in nero.
È come un drappo funereo che sventola nell’aria nebbiosa di una città
fantasma prima che venga definitivamente strappato e con esso sepolti i
duri e puri che avanzano nel cuore di tenebra della loro infinita
passione...
Forse la degna morte dei protagonisti di questo nudo calvario, o la
Bella Morte, è un palcoscenico con un coro e un’orchestra che annuncia
lampi e tuoni e cunicoli di oscurità e nicchie di luce strappate alla
monotonia di un’esistenza grigia, torpida e senza futuro...
Mi piace pensare che si possa trattare il melodramma come fosse un
genere pulp e che forse questo genere, che chiamarlo “melopulp” non mi
sembra sconveniente, tanto per intenderci, sia un modo per dire che in
fondo, nella carneficina e nell’annullamento, si chiude tutta l’epica
folle di un tempo che è appena trascorso e che tuttavia produce epigoni
foschi ed evidenti...
Un giorno Joseph Goebbels ricevette nel suo studio il grande regista
Fritz Lang che aveva appena presentato il suo film Metropolis...
Hitler ne era entusiasta, e Goebbels offrì a Lang la possibilità di
rimanere in Germania e di entrare a far parte della Storia del Reich, di
contribuire a edificarne la cultura... come quell’attore Hendrik Hofgen,
che nel grande stadio di Berlino venne abbacinato dalla luce della
Storia...
Lang era incredulo e disse...
- Mi scusi, ma lei forse non sa che io sono ebreo...
Al che un sorridente Goebbels rispose...
- Non si preoccupi, lo decidiamo noi chi è ebreo e chi non lo è...
L’indomani Fritz Lang si imbarcava per gli Stati Uniti...
Gli stessi Stati Uniti che ora dicono la stessa cosa...
- Decidiamo noi chi è il nostro Nemico...
Mi piace pensare al tuo melodramma sulla follia nazista non con il
pensiero rivolto all’Assoluto di un ideale, peraltro già giudicato dalla
storia dei popoli come infamante, ma come una chiave per giudicare ogni
ulteriore sconfitta che abbia come ideali quel simbolo o altri simili
sempre e comunque infamanti per l’umanità...
Poi il Cino Cavalcanti mi ricorda molto il Giusva Fioravanti dei Nar, un
po’ una Banda della Croce a modo loro, con i suoi ideali di purezza,
onore, e sacralità alla parola data, e vendette contro i traditori e le
sparatorie con la polizia e i rossi... non credo siano personaggi
negativi... sia gli uni che gli altri... è negativo il contesto che li
ha prodotti e per questo le loro azioni sono spregevoli...
Sono convinto che le stesse persone, in contesti non sanguinari,
sarebbero stati degli ottimi amministratori della Giustizia o dei bravi
economisti...
Che sia la storia a fare gli uomini e non il contrario?
Ti saluto e ti ringrazio, magari ne parliamo... Au revoir, mon ami...
Ivano Nanni

Oltre il tempo,
12 ottobre 2005
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