torna agli articoli

 
 

agli incroci dei venti


cultura



 
                 
 
     
 

«

Il senso della bellezza*
di Luigi Impieri

Che cos’è la bellezza?
Da sempre l’umanità, o meglio una parte di essa, si è prodigata per afferrarla e per affermarne i princìpi.
Già nei graffiti delle caverne preistoriche troviamo le tracce di quest’affermazione.

In quelle caverne, indipendentemente dalle analisi sociologiche che si posson fare sui significati magico propiziatori di quei disegni, troviamo il senso della bellezza di cui l’uomo sente il bisogno di contornarsi.
Nel senso che l’uomo preistorico attraverso quell’operazione pittorica, sente l’esigenza di trasmettere in primis a se stesso ma anche al gruppo, il frutto della propria capacità di esprimersi rappresentando qualcosa che appaghi i sensi e che stupisca al punto che si pensi che esista qualcosa di più oltre la vita materiale del cercarsi il cibo o un alloggio, per cui valga la pena di vivere e che procuri piacere.
Ma non c’è solo questo, l’artista del paleolitico è convinto che tracciando quei segni può lasciare ai posteri la possibilità di rappresentare il suo mondo affinché possa essere compreso dopo la sua stessa vita e per l’eternità.
E così e’ stato se è vero che noi ancora oggi possiamo ammirare quei dipinti e comprendere proprio per mezzo di essi quella cultura.
Inoltre in quell’operazione c’è il tentativo molto saggio di trasmettere agli altri il valore morale che attraverso l’arte l’uomo potrà emanciparsi.
Ma come abbiamo detto all’inizio ciò vale ma non per tutta l’umanità, una parte della quale molto spesso non dà importanza al bello, creando così preoccupanti e pericolosi presupposti che intaccano a fondo la stessa bellezza.
Guardiamo ad esempio cosa avviene ai nostri giorni, per ignoranza, superficialità e sottocultura si aggredisce la bellezza sin nelle sue fondamenta.
Oggi assistiamo sistematicamente all’aggressione a posti naturalistici fantastici che soccombono, sotto i colpi del cemento che lobbies affaristiche e sottosviluppate gettano su di essi.
Osserviamo ad esempio cosa avviene attorno a noi anche lì dove sembrava che il regno della bellezza avesse trovato posto senza dover temere alcuna aggressione.
Tutti sappiamo della bellezza che aleggia nella città di Venezia, eppure anche lì a due passi da tanta straordinarietà, avvengono cose più o meno gravi che comunque sono picconate tirate contro la città.
Se non coltiviamo il senso della bellezza da affinare e usare anche come arma da puntare contro chi si oppone al suo perseguimento, alla fine quelle picconate avranno l’effetto di demolirla.



Quando quella città è stata costruita, sembra che gli uomini si siano ritrovati d’accordo nell’impegnarsi all’unisono per fare dell’arcipelago in cui e’ sorta, qualcosa che come diremmo noi oggi avrebbe stupito con effetti speciali.
E dunque quegli uomini si promisero che quando avrebbero realizzato le case, le chiese o i palazzi di quella città, ad essi non sarebbe bastato dotarli di semplici porte, finestre comignoli ma ogni elemento architettonico avrebbe dovuto superare la semplice funzione per essere spettacolare, affascinare chiunque e infine, lasciare immaginare (così
come probabilmente lo era stato per l’Uomo del paleolitico superiore) che sarebbe valsa la pena vivere in un luogo così bello.



Così è stato per molto tempo sino a che oggi ed a partire dalla seconda metà del ‘900, pare che quel cammino dal passo fiero verso la beltà sia stato smarrito.
Chi controlla oggi il potere appare disattento a salvaguardare Venezia ed è così che avvengono stravolgimenti urbanistici che non solo frenano il cammino del bello ma lo dirottano verso il suo esatto contrario, il brutto appunto.


Un esempio per tutti è dimostrato da quella colata di cemento finalizzata alla creazione di un parcheggio e un centro commerciale in zona Tronchetto e dunque all’ingresso della città di Venezia, che oggi appare come un brutto mostro in grado di divorare la bella principessa veneziana.
Tutto ciò avveniva contemporaneamente a quanto invece in altre città che fine ad allora sembravano un po’ addormentate e anonime, la sensibilità amministrativa, si prodigava per operare inversamente al modello veneziano.
E’ il caso di località come Bilbao, che prima della creazione del Guggenheim di F. O Gerry, era una tetra e oscura città industriale ma che oggi, grazie al suo bel museo, è diventata una delle località più visitate d’Europa, mentre Venezia muore.
Come si vede, l’acquisizione del senso della bellezza è un valore da perseguire poiché crea ricchezza interiore mettendoci in armonia col mondo.
Ma come abbiamo visto a tale acquisizione non tutti gli uomini ambiscono, per ignoranza, cinismo o insensibilità.
E dunque bisogna stare in guardia ed affinare sempre di più il buon gusto che va meticolosamente coltivato per non incorrere nei rischi di finire irrimediabilmente attanagliati fra le insidie della bruttezza.
A dimostrazione di quest’ultimo assunto vi mostro sempre qualcosa che riguarda ancora una volta Venezia e che ha a che fare con un aspetto fra i più deteriori del cattivo gusto: il Kitch esposto nelle vetrine di alcuni negozi veneziani non solo di souvenir.

Vendere prodotti di tal fatta, dalla scadente manifattura, di dubbio gusto, che ammiccano ad imitare l’originalità di opere che nulla hanno a che vedere con queste cattive produzioni, produce disorientamento nella società specie nei confronti dei più distratti che magari andando a visitare Venezia per ammirarne la sua spettacolare bellezza se ne distraggono, condizionati da questi orripilanti e osceni feticci, che accecano e disorientano negativamente i visitatori.

Come difendersi da tanta oscenità?
A causa dell’abbondanza di produzioni d’immagini che si presentano davanti a noi continuamente sembra ancor più difficile procedere verso una selezione che annulli tutto quel che appare disdicevole alla sensibilità della vista e del buon gusto.
Allora cosa fare?
Intanto, proviamo a dichiarare guerra al cattivo gusto evitando di farci intrappolare da ammiccamenti sia pure simpatici pur di possedere qualcosa, ad esempio un ricordino da portare a casa, come quelli della foto di Martin Parr qui sopra, che trasponendo una famosa frase di cristiana memoria “non sono degni di partecipare alla nostra mensa”.
Ma soprattutto usiamo l’arma della cultura che ci consentirà di affinare sempre più la nostra sensibilità.
E… se provassimo a chiudere gli occhi per un momento?
Dai fatelo sul serio… chiudete gli occhi che facciamo un gioco simpatico.
Adesso dopo il the day after tomorrow, tenendo ancora chiusi gli occhi immaginiamo di riaprirli e scoprire che in Egitto le piramidi sono scomparse e cosi i templi ed in Grecia non c’è più il Partendone, ed in Italia niente torre di Pisa e neanche il Colosseo, né esiste più Firenze o Venezia, neanche il Duomo di Milano esiste più e poi Parigi è rimasta priva de la tour Eiffel, il Louvre, neppure e poi e’ anche sparita la Gioconda… allora, davvero come direbbe una ormai nota pubblicità: che mondo sarebbe senza tutte queste cose?
Ecco riaprite gli occhi, per fortuna avete solo sognato!
Ma era utile per riflettere sul senso della bellezza!
Dunque abbiamo capito attraverso questo esempio sia pur banale quale potrebbe essere una unità di misura capace di farci capire che cos’è la bellezza dell’arte.
Non potremmo fare a meno di quelle opere d’arte vero?
Dunque vuol dire che siamo in grado di capire il senso della bellezza di quelle opere, poiché immaginandone la loro assenza, ci sembrano ancor più indispensabili.
Ma provando a fare la stessa operazione e cioè di immaginarci l’assenza di quel che già possiamo ritenere non necessario che fosse stato realizzato, penso ad esempio alla pensilina di piazza Saffi o ad alcuni palazzoni anonimi della periferia di una grande città come Napoli, ecco io credo che ognuno di noi direbbe perché sollecitato a rifletterci su, che già, di quei palazzoni potremmo farne volentieri a meno… essi non ci sembrano assolutamente indispensabili.



Un altro metro potrebbe essere questo.
A volte una canzone ascoltata alla radio ci sembra bellissima!
Orbene ma siamo sicuri che lo sia?
Facile saperlo, lasciamo trascorrere un po’ di tempo e…se la canzone ancora dopo qualche anno ci piace, bè vorrà pur dire che quella, era proprio una bella canzone.
Se dopo un anno e forse meno ce ne siamo dimenticati, bè forse avevamo preso un abbaglio, quella era probabilmente una brutta canzone.
Nel mio piccolo qui a Forlì ho creato un’operazione che a detta di molti è risultata una bella operazione.
Il mosaico intitolato: Attraversa-menti nel sottopassaggio di via Roma.
Il luogo, era piuttosto desolato e squallido.



Bene, un giorno passando li sotto ho pensato: ma perché quel posto dev’essere così brutto e, utilizzando la mia immaginazione d’artista, ho pensato di realizzarci un mosaico che prevedesse la partecipazione dei ragazzi come artefici dell’abbellimento di quello squallido luogo.
Ogni ragazza e ragazzo che ha partecipato alla realizzazione del mosaico, io credo, si senta e lo è, protagonista e artefice per aver ridato splendore a quello che oggi è tutt’altro che uno squallido sottopassaggio.



Dunque niente è più facile della determinazione della bellezza, bisogna perseguirla e la si trova.
Non si lascia spiegare, non si piega facilmente alle interpretazioni, non si lascia intrappolare nelle maglie dei significati dati.
La bellezza è libera ed è essenza di libertà, essa come diceva Platone, appaga i sensi e nel caso dell’arte visiva, appaga il senso della vista, e ciò dovrebbe bastare.

Cosa c’è da spiegare di più se non ammirare ciò che si vede in questo bel dipinto di Magritte?
Il quale fa sembrare vero, quel che è impossibile possa esserlo: una gigantesca roccia che di per se è l’emblema della pesantezza ma che grazie alla magia della pittura si ritrova leggera a superare le leggi della gravità così che potrà svolazzare nel cielo, come una nuvola.
Avrete fatto caso a come una bella opera d’Arte, sembri ancor più bella ed intricante, in virtù della sua indecifrabilità.
Essa non si lascia incarcerare facilmente dalle gabbie della critica.
Come diceva Kant, la bellezza è oggetto di un piacere disinteressato, universale ma necessario.
Prendiamo questo dipinto, Allegoria di un amore di Agnolo Bronzino del 1546

Apparentemente ci troviamo davanti ad una scena armoniosa, una bella storia d’amore, diremmo.
Ma ad una più attenta osservazione notiamo che al di là del puttino quale impersonificazione della gioia, che lancia petali di rosa su Venere e Cupido, c’è una figura femminile che ha le mani invertite in una delle quali regge un favo di miele e il cui corpo si trasforma nella parte posteriore in quello di un insidioso pitone; questa figura rappresenta l’inganno.
Dietro Cupido poi notiamo un uomo che si strappa i capelli e che rappresenta la disperazione, mentre in alto alla nostra destra, un vecchio cerca di coprire tutta la scena con un telo azzurro.
E’ il Tempo che è pronto a spegnere ogni passione.
Ma un altro particolare balza agli occhi, Venere e Cupido mentre si abbracciano, contemporaneamente stanno ingannandosi a vicenda:
Cupido sta sottraendo a Venere il diadema tempestato di perle, e Venere a sua volta, sta cercando di estorcere dal turcasso di Cupido, le frecce.
Dunque citando ancora una volta Platone, la bellezza non è mai in connessione diretta con la verità, la bellezza presenta sempre dei punti d’ambiguità, come per la Gioconda di Leonardo.
Non e’ forse perchè sfugge ad una facile identificazione?
Come ad esempio quella di non essere sempre quasi mai sicuri, noi spettatori, di individuarne il sesso (per molto tempo si era creduto che questo fosse il ritratto di Leonardo stesso travestito da donna) o per via del suo strano sorriso che a volte sembra un ghigno, o per l’apparente vibrare delle labbra, che come gli occhi per l’uso sapiente della tecnica dello sfumato, sembrano muoversi ed inseguirci, che l’opera ci appare ancora più bella?
Ma anche ciò che si presenta inizialmente brutto può trasformarsi in qualcosa di straordinariamente bello.
Osserviando l’Urlo, di Edward Munch; egli ritrae (se stesso) una mummia egiziana semi sfasciata, per descrivere il senso della disperazione che lo attanaglia.
Quell’essere mostruoso, fa diventare quel quadro, ancor più bello.
Poiché ha più resa, nel senso che un soggetto di tal fatta, entra maggiormente in contatto diretto con l’osservatore, riuscendo ad esprimere quel senso profondo di disagio interiore, molto di più che se l’artista, avesse utilizzato per soggetto, il ritratto di un giovane uomo, ben fatto, ben vestito e nell’atto di urlare.
La bellezza non sempre corrisponde dunque al “grazioso”.

A volte, anche se ciò avviene raramente, la bellezza dell’arte fa a gara con la sua diretta concorrente la natura.
Osservando la Casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright, natura e artificio sembrano pareggiare 1 a 1.
Guardate come si compenetrano bene le masse aggettanti della villa che sembrano ripercorrere geometricamente quelle delle acque che si lanciano nel vuoto della cascata.
E pensate che i materiali che l’architetto usa, sono quelli del luogo affinché tutto si compenetri in un abbraccio tra  natura bella e bella architettura.
Certo, molto diversa la bellezza dell’Opera di Wright da questo orrore architettonico, in grado di deturpare irrimediabilmente, un bel pezzo di bosco.

E se nel caso di Wright, si può parlare di una bellezza utile (poiché la casa è abitabile, oltre che bella) in questo mostruoso secondo caso, potremmo parlare di inutile bruttezza.



E non è neanche una questione di spesa; c’è più bellezza in tante povere case, ad esempio di
Timbuctù, nel Mali o dell’abbigliamento delle donne Masai che in quell’incubo architettonico, costato caro in tutti i sensi, che poc’anzi vi ho mostrato, così come nell’abbigliamento volgare, di certe impiumate soubrette televisive.
Termino citando qualcuno che mi piace ricordare spesso; si tratta di un grande poeta e cantante, prematuramente scomparso un bel po’ di tempo fa, Jim Morrison, il quale diceva: “Ognuno di noi ha un paio d’ali…ma solo chi sogna può imparare a volare”.
La bellezza dunque è un sogno che può permetterci di dotarci di ali, per poter volare, al di la delle miserie umane.



* sintesi della lezione tenuta al Liceo Classico G. B. Morgagni, in occasione della giornata dello studente che si è svolta nella mattinata del 21-12-07

 
 

 

 
 

agli incroci dei venti, 23 dicembre 2007

 

5