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Edward Green
Edward Green
999073
12002 South Polunsky Unit
Livingston Texas 77351 USA
Edward Green è un giovane afroamericano, nato il 5 Marzo 1974 a Houston,
che dal 1992 vive nel braccio della morte del Texas.
La sua storia, simile a quella dei tanti condannati a morte, si perde
fra ipotesi d’innocenza e di colpevolezza, fra prove confuse e confusi
difensori d’ufficio. Il suo caso non ha suscitato particolare interesse,
e il suo arresto non può essere considerato la ritorsione per un suo
impegno sociale o politico.
Edward aveva appena diciotto anni quando entrò nel braccio della morte
di Ellis I, "l’inferno sulla terra". Condannato a morte, Edward si
ritrovò solo, a dover affrontare il suo destino, una tormentata attesa
della morte, senza il sostegno di nessuno. La sua famiglia non aveva né
i mezzi, né la forza di aiutarlo.
Vivere nel braccio della morte vuol dire smettere di essere un uomo e
diventare un numero, subire un regolamento il cui obiettivo è umiliare,
annientare l’identità di persone che la società non ritiene più degne di
vivere; ogni bassezza, ogni crudeltà, ogni punizione nei confronti dei
detenuti è dunque consentita.
Per Edward iniziò un periodo difficilissimo, di sconforto totale;
tuttavia, in quell’inferno ricevette un gesto di grande solidarietà da
Paul Rougeau, un uomo detenuto nel braccio della morte dal 1978.
Paul Rougeau, uno dei tanti innocenti uccisi dallo Stato del Texas, era
riuscito a creare un forte movimento di opinione intorno al suo caso e
corrispondeva assiduamente con alcuni italiani, che erano diventati i
suoi più cari amici. Nelle sue lettere, che erano sempre lette dalle
guardie del penitenziario addette al controllo della posta dei detenuti,
Paul scriveva esattamente quello che succedeva in carcere, le punizioni,
la violenza e la crudeltà dei trattamenti riservati ai detenuti.
Ovviamente non ebbe vita facile, ma non si arrese e la sua ostinazione
sconcertò a tal punto le guardie che cominciarono ad averne soggezione.
In quell’inferno Paul si accorse di quanto Edward fosse solo e smarrito
e gli regalò una delle tante lettere di sostegno che riceveva; così
Edward scrisse la sua prima lettera ad una giovane donna italiana,
Stefania, che gli rispose con parole semplici: "Per te non ci sarà più
solitudine".
Stefania ha mantenuto la sua promessa e, grazie al suo impegno, nel
Maggio 1994, è stato costituito a Napoli il comitato di difesa legale a
sostegno di Edward Green.
Altre persone hanno cominciato a corrispondere con Edward, che quale
attraverso le lettere ci ha raccontato la sua difficile vita. Suo padre
lavorava per l’esercito americano e, con la famiglia, si spostava
continuamente fra il Texas, la Germania ed il North Carolina. Alcuni
anni dopo la nascita di Edward, decise di lasciare l’esercito, forse
lusingato dalla possibilità di fare carriera come pugile. Nulla andò
come previsto e così, per sostenere la famiglia, cominciò a svolgere
attività illecite, fino al traffico di stupefacenti. Quando Edward aveva
undici anni, il padre fu barbaramente ucciso per un regolamento di
conti; fu proprio Edward a scoprire il corpo del padre impiccato ad un
albero, con i genitali mutilati. Edward ne rimase traumatizzato. Due
anni dopo lo zio, che aveva in qualche modo cercato di supplire alla
figura paterna, seguì la stessa sorte. A questi lutti, Edward reagì
provando risentimento per tutti, cogliendo ogni occasione per sfogare la
sua rabbia e le sue frustrazioni.
La madre di Edward cercò di ricostituire una famiglia. Si unì ad un uomo
ed ebbe due bambine. Nonostante ciò, cominciò ad abusare di alcolici e
droghe. Edward assistette impotente al crollo della madre, nei confronti
della quale perse fiducia e rispetto; cominciò a non andare più a scuola
e a spacciare droghe. Fu spesso affidato ad una zia e alla nonna
materna, ma mai stabilmente.
All’età di sedici anni, Edward venne rinchiuso in un riformatorio di
Houston, la Giddings School, per aver avuto rapporti sessuali con una
minorenne. In quell’istituto gli fu diagnosticato una sindrome da stress
post-traumatico. I traumi vissuti, la solitudine, la violenza che lo
circondavano erano la causa di questo disturbo.
Un esperto ha spiegato che Edward è cresciuto in una situazione di
violenza e prevaricazione equivalente ad uno stato di guerra; per i
bambini è fondamentale che si sentano protetti dai genitori, ma Edward,
proprio come i bambini che vivono in uno stato di guerra, non ha mai
avuto questa percezione, provando sempre insicurezza e paura. Le persone
che soffrono di questo disturbo nel corso della vita si caricano di
frustrazioni e paure che cercano di mascherare con l’aggressività.
Alla Giddings School, Edward venne sottoposto ad una terapia che
inizialmente non diede risultati; però, in un secondo momento Edward
cominciò a confidarsi con i terapisti e a provare empatia nei confronti
delle persone cui aveva fatto del male, ma poiché stava per compiere la
maggiore età, nessuno aveva più la responsabilità di riabilitarlo. Così
Edward tornò alla vita di sempre, si legò ad una ragazza, Nikki, da cui
ha avuto una bambina, Kiara, nata il 29 Ottobre 1992, quando era già in
carcere.
Edward fu condannato a morte perché ritenuto colpevole del duplice
omicidio di Edward Perry Haden di 72 anni, e di Helen O’Sullivan di 63
anni, entrambi bianchi, avvenuto la notte tra il 30 ed il 31 Agosto
1992. Venne fermato l’1 settembre 1992 perché viaggiava in metropolitana
senza biglietto e senza documenti di riconoscimento; solo quando si
trovava già in stato di fermo, al dipartimento di polizia, fu accusato
di omicidio. Ma non furono le indagini della polizia a collegare Edward
agli omicidi, bensì una telefonata fatta da un informatore anonimo
proprio a quel distretto di polizia, dove si trovava Edward.
Gli avvocati d’ufficio, Ricardo Rodriguez e Ronald Hayes, che avrebbero
dovuto difendere Edward, non ritennero necessario incontrarlo prima del
processo, né che egli testimoniasse per discolparsi.
La sentenza di condanna alla pena capitale, comminata in primo grado di
giudizio, è stata confermata in sede di Authomatic Council dalla
Criminal Court of Appeal of Texas, il cui unico compito è valutare se il
processo si è svolto nel rispetto della Costituzione.
Il 5 Febbraio 1996, un altro avvocato d’ufficio, Janet Morrow, presentò
la richiesta per il Writ of Certiorari presso la Corte Suprema, affinché
questa potesse riesaminare gli atti del processo, le prove, le
testimonianze, e fosse messa in grado di decidere nel merito della
sentenza, ma il 24 Giugno 1996 la Corte Suprema rigettò il ricorso.
Un aspetto paradossale di questa situazione è che i vari difensori
d’ufficio, che si sono succeduti nelle fasi del processo di Edward, non
lo hanno mai reso partecipe o informato degli appelli. Addirittura
l’avvocato Morrow, si fece sempre negare al telefono ai rappresentanti
del comitato, e solo per l’ostinazione del comitato il marito
dell’avvocato, che lavorava nello stesso studio legale, accettò di dare
delle informazioni, ed ebbe il coraggio di dichiarare che la legge
impediva alla moglie di incontrare personalmente il suo assistito,
ovviamente era una falsità.
Per molto tempo, le notizie inerenti la situazione legale del caso di
Edward ci sono state fornite da una rappresentante di Amnesty
International negli USA, perché non solo i legali rifiutavano ogni
contatto con il comitato, ma lo stesso Edward non ne sapeva nulla.
Nel Luglio 1996, Tania, una ragazza del comitato andò in Texas per
incontrare Edward, che durante il colloquio, con un mezzo sorriso, come
per non allarmarla le disse: "Credo di poter vivere ancora per alcuni
anni".
Nel Gennaio 1997, lo Stato del Texas stabilì di stanziare maggiori fondi
per la difesa dei condannati a morte, con lo scopo di sedare le
polemiche in merito alla totale assenza di mezzi dei difensori
d’ufficio, e di simulare un impegno per garantire un’efficiente difesa a
tutti. Così nel Marzo 1997 ad Edward fu assegnato un altro avvocato
d’ufficio, Michael Charlton.
L’avvocato Charlton non crede che la pena di morte sia uno strumento di
giustizia ed è molto critico nei confronti dei precedenti difensori di
Edward, perché non avevano né letto gli atti d’accusa, né preparato un
tentativo di difesa.
I fondi statali, ovviamente, non stati sufficienti alle spese per le
investigazioni, che sono state sostenute dal comitato. Nell’Ottobre
1997, l’avvocato Charlton ha presentato la richiesta di Habeas Corpus,
un appello fondamentale per la riapertura del processo. La Corte di
Stato può pronunciarsi in qualsiasi momento, accettare o rifiutare di
accordare un nuovo processo.
Gli elementi in favore di Edward sono tantissimi: testimonianze
costruite dall’accusa, un collegio difensivo che, meno e peggio, non
avrebbe potuto fare, ed una serie di attenuanti che si possono ignorare
solo se si ritiene che certe persone nascano unicamente per popolare i
bracci della morte, perché neri, poveri e svezzati con droghe, armi e
degrado.
Nell’Aprile 1998, altri due membri del comitato hanno incontrato
personalmente Edward, nel parlatorio del braccio della morte, dove non è
consentito nessun contatto diretto fra i detenuti ed i visitatori, che
sono separati da uno spesso vetro rinforzato da una rete metallica.
Queste barriere che impediscono anche semplicemente di sfiorarsi la
mano, non fermano però le parole, gli sguardi, i sorrisi, su cui
viaggiano i sentimenti e le emozioni.
Durante le visite, Edward ha parlato con calma, forse con rassegnazione,
ma con maturità, ed ha dimostrato una grande ricchezza interiore; nelle
sue parole non c’erano né disperazione, né rancore per una società che
l’ha costretto a vivere nei ghetti più violenti di Houston e che, fin
dall’infanzia, non gli ha risparmiato nessun orrore della vita.
Nessuno vuole convincervi che Edward sia un angelo nero, ma possiamo
dire con certezza che è un giovane uomo, consapevole di vivere per
morire, ucciso da uno Stato "civile" che stipendia coloro che
provvederanno alla sua esecuzione.
Edward ha affidato ai suoi amici italiani poche parole di riconoscenza
per tutti coloro che si impegnano per lui:
Ellis I – Huntsville, 21 Aprile 1998
"A tutti i membri del comitato:
Avere conosciuto Lorenzo e Valeria è stata per me un’esperienza
importantissima. Spero che un giorno sia possibile incontrare tutti voi
personalmente, perché solo chi mi ha davvero conosciuto, chi mi ha visto
in questo luogo, può comprendere e spiegare a tutti voi quali sono le
mie sofferenze, la mia angoscia, ma anche i miei momenti di gioia e
dirvi quali sono i miei sentimenti nei confronti di tutti voi, che mi
siete così vicini.
Vi mando il mio amore, tanto amore."
Nel Gennaio 2000, il braccio della morte è stato trasferito da Ellis One
di Huntsville, alla a Livingston, dove vige un regime di vera e propria
segregazione. Noi che siamo amici di Edward chiediamo a tutti voi di
collaborare nella lotta per l’abolizione della pena di morte e di
aiutarci a garantire ad Edward una difesa adeguata ed un processo equo.
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