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		La pena di 
		morte e le Nazioni Unite 
		di
		
		
		Claudio Giusti
 
		 Al contrario della 
		tortura la pena di morte non è, ancora, vietata dalle norme 
		internazionali. La Dichiarazione Universale (10 dicembre 1948) garantisce il diritto 
		alla vita e vieta tortura e trattamenti crudeli, ma non vieta 
		espressamente la pena di morte
 
		 Art. 3
 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza 
		della propria persona.
 
 Art. 5
 Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a 
		punizione crudeli, inumane o degradanti.
 
		  
		Ci fu un tentativo da 
		parte dell’Unione Sovietica, abolizionista fra il 1947 ed il 1950, di 
		inserire nella Dichiarazione l’obbligo dell’abolizione in tempo di pace. 
		La richiesta trovò l’opposizione dei paesi mantenitori, ma anche di 
		quelli che, come il Venezuela, erano già allora abolizionisti totali e 
		non volevano che la Dichiarazione legalizzasse la pena capitale in tempo 
		di guerra. In ogni caso la Dichiarazione non approva in alcun modo la 
		pena di morte:Secondo Willaim Schabas:
 
		“In nessuno dei 
		lavori preparatori della Dichiarazione Universale troverete una sola 
		parola spesa in favore della pena capitale (…) La pena di morte era 
		vista come un male necessario, la cui esistenza non poteva essere 
		giustificata né scientificamente né filosoficamente, (Schabas, 1997- 43) 
		e “l’inevitabile conclusione è che l’Articolo 3 della Dichiarazione 
		Universale è in prospettiva abolizionista.” (Schabas, 1997- 44)
 
		Un grande passo in avanti verso l’abolizionismo esplicito venne fatto 
		con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR) del 
		1966, che all’Articolo 7 vieta la tortura, all'Articolo 14 fornisce una 
		serie di garanzie agli accusati, mentre nell'Articolo 6, per cui non 
		sono previste deroghe, prende una posizione chiaramente abolizionista:
 
 Art. 6 ICCPR
 Il diritto alla vita è inerente alla persona umana (...)
 Nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita una sentenza 
		capitale può essere pronunciata solo per i delitti più gravi [most 
		serious crimes] (...)
 Una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti commessi 
		dai minori di 18 anni e non può essere eseguita nei confronti di donne 
		incinte.
 Nessuna disposizione di questo articolo può essere invocata per 
		ritardare od impedire l'abolizione della pena di morte ad opera di uno 
		Stato parte del presente Patto
 
		 Il commento 
		ufficiale che ha fatto l'ONU (Comitato per i diritti umani) all' 
		Articolo 6 è stato (27.07.1982):
 
 "Il diritto alla 
		vita è il diritto supremo, al quale non è possibile alcuna deroga, 
		nemmeno in tempo di emergenza pubblica che minacci la vita della nazione 
		(…) gli Stati (...) sono obbligati a ridurre l'applicazione della pena 
		di morte ai crimini più gravi [e] (...) l'abolizione è desiderabile. Il 
		Comitato conclude che tutte le misure di abolizione dovrebbero essere 
		considerate come un progresso verso il godimento del diritto alla vita. 
		(…) Il Comitato è dell'opinione che il termine delitti più gravi [most 
		serious crimes] debba essere interpretato in modo restrittivo, nel senso 
		che la pena di morte dovrebbe essere una misura del tutto eccezionale [a 
		quite exceptional measure]"
 
 Secondo Nigel Rodley ne consegue che:
 
 "La pena capitale 
		costituisce un'eccezione alla regola che prevede la tutela del diritto 
		alla vita di ogni essere umano. la pena capitale è trattata come una 
		realtà transitoria, in vista dell'abolizione, solo i paesi nei quali la 
		pena capitale non è stata abolita, beneficiano dell'eccezione. Ne 
		consegue che uno Stato aderente [al Patto] non può reintrodurre la pena 
		capitale una volta abolita. Presumibilmente lo stesso principio vale nei 
		casi di reati specifici. Così, se uno Stato membro mantiene 
		l'applicazione della pena capitale per tradimento, la sua reintroduzione 
		per omicidio sarebbe ingiustificata.(…) Nessuna deroga all'Articolo 6 è 
		permessa, neppure nei <periodi di emergenza nei quali la vita della 
		nazione corre un grave rischio>. Pertanto non solo in ogni circostanza 
		vanno rispettate tutte le norme tutelari di cui sopra, ma non devono 
		sussistere pretesti per il ripristino della pena, quali che siano le 
		difficoltà interne od esterne che un governo in carica si trovi ad 
		affrontare." (Rodley, 1980-22)
 
 Inoltre si ritiene che “un ampliamento dell’uso della pena capitale 
		contraddica lo spirito dell’Articolo 6 (…) [e che] una volta che uno 
		stato abbia abolito la pena di morte non la possa più reintrodurre" (Schabas, 
		1997-101)
 La desiderabilità dell’abolizione della pena di morte è stata ribadita 
		dall’Assemblea delle Nazioni Unite nella Risoluzione 2857 del 20 
		dicembre 1971 che dichiarava:
 
 "Allo scopo di 
		garantire pienamente il diritto alla vita, di cui all'Art. 3 della 
		Dichiarazione Universale, l'obiettivo principale da perseguire è la 
		graduale restrizione delle categorie dei reati per i quali è applicabile 
		la pena capitale, col proposito rivolto al fine ultimo ed auspicabile 
		dell'abolizione di questa forma di punizione in tutti i paesi" (quest'ultima 
		parte sottolineata con enfasi)
 
 L'8 dicembre 1977 l'Assemblea tornava sull'argomento con la Risoluzione 
		32/61 che afferma:
 
 "Obiettivo 
		principale da perseguirsi, in materia di punizione capitale, è la 
		progressiva restrizione della categoria dei reati peri quali si irroga 
		la pena di morte, essendo l'intento rivolto all' abolizione generale di 
		questa forma di punizione"
 
 Poi con la Risoluzione 35/172 del 15.12.80 l'Assemblea chiedeva a tutti 
		gli Stati di rispettare come standard minimo il contenuto degli articoli 
		6, 14 e 15 dell'ICCPR. [Qui bisogna notare che gli Stati Uniti, pur 
		avendo ratificato il Patto, hanno posto una tale quantità di riserve da 
		renderlo assolutamente inoperante. La gravità del fatto ha spinto una 
		dozzina di Paesi, fra cui il nostro, a opporsi a queste riserve 
		chiedendo che gli USA le ritirino.]
 Il 25 maggio 1984 il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite 
		(ECOSOC) adottò un gruppo di garanzie di protezione dei diritti dei 
		condannati a morte con la precisa condizione che “esse non saranno 
		invocate per ritardare o prevenire l’abolizione della pena di morte” (HOOD, 
		1996-81) ed il 21 maggio 1986 chiese a tutti i Paesi che non avessero 
		ancora abolito la pena di morte di applicarle. Nello stesso anno, con la 
		Risoluzione 29/118 l’Assemblea Generale faceva sue le “Garanzie ECOSOC”
 Il 15 dicembre 1989 il Secondo Protocollo Opzionale all' ICCPR ha 
		definitivamente sancito la desiderabilità dell'abolizione della pena di 
		morte. Il suo primo articolo così recita:
 
 Art. 1
 1 nessuno che sia sottoposto alla giurisdizione di uno Stato parte al 
		presente Protocollo sarà giustiziato.
 
 2 Ogni Stato parte adotterà le misure necessarie all'abolizione della 
		pena di morte nell'ambito della propria giurisdizione.
 
 
		 La contrarietà delle 
		Nazioni Unite e della comunità internazionale all’uso della pena di 
		morte è stata ulteriormente ribadita negli Statuti dei Tribunali 
		Internazionali per il Ruanda e per l’ex Jugoslavia e della Corte Penale 
		Internazionale. La pena di morte è infatti bandita dalle sentenze che 
		questi possono emettere. [nota In altri luoghi ho fatto notare come lo 
		Statuto della Corte Penale Internazionale sia un vero disastro per la 
		difesa dei diritti umani]
 
 Riassumendo
 
 Possiamo quindi affermare che le norme internazionali:
 
 1 consentono l' uso della pena di morte solamente come fatto 
		eccezionale,
 2 che la permettono solo per i reati più gravi,
 3 che vogliono la riduzione del numero dei reati passibili di pena 
		capitale,
 4 che vietano la reintroduzione della pena di morte od un ampliamento 
		del
 suo utilizzo,
 5 che ne vogliono la futura, completa abolizione.
 
 In Europoa la pena di morte è vietata
 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle 
		libertà fondamentali prevede espressamente la pena di morte come 
		eccezione al diritto alla vita:
 
 Articolo 2
 Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può 
		essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di 
		una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il 
		delitto è punito dalla legge con tale pena.
 Questa posizione è stata superata, prima dal 6° Protocollo del 28 aprile 
		1982 il cui primo articolo recita:
 
 “La pena di morte sarà abolita. Nessuno sarà condannato a questa pena, 
		nessuno sarà giustiziato. “
 
 poi dal 13° Protocollo (Vilnius 2 maggio 2002) che, a differenza del 
		precedente non prevede possibilità di riserve, e infine dalla 
		Costituzione Europea. La pena capitale è stata quindi definitivamente 
		espulsa dall’Europa che si vanta di essere una “death penalty free 
		land”.
 
		  
		Bibliografia
 I testi degli 
		Articoli e delle Risoluzioni si trovano in AMNESTY INTERNATIONAL ACT 
		50/10/98, International Standards on the Death Penalty (le traduzioni 
		sono mie)
 
 RODLEY NIGEL
 The Treatment of Prisoners under International Law, New York, Oxford
 University Press, 1987
 
 SCHABAS WILLIAM
 - The Death Penalty as Cruel Treatment and Torture, Boston.
 Northeastern University Press, 1996
 - The Abolition of the Death Penalty in International Law, Second
 edition. Cambridge, Cambridge University Press 1997
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