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Le donne afgane non vestono Benetton

Lettera aperta alla stampa

Abbiamo visto sulle vostre pagine le splendide foto di bambine e ragazze afgane, ritratte dalla Benetton a pubblicizzare il nuovo corso della politica afgana rispetto alle donne. Le immagini hanno un forte impatto emotivo, l’accostamento burqua-volto scoperto e/o le didascalie non lasciano dubbi: oggi le ragazze sarebbero libere di trovare un lavoro, di andare a scuola, di rientrare dall’esilio.

Noi e voi sappiamo che non è così.

Certamente conoscete quanto noi gli ultimi rapporti di Human Rights Watch, che potete consultare comodamente sul loro sito www.hrw.org, o persino tradotti in parte in italiano sui nostri siti (www.wforw.it ; ; www.ecn.org/reds/donne/donne.html), visto che la stampa si guarda bene dal pubblicarli. Potete rivolgervi ad Amnesty International, o anche ai vostri stessi corrispondenti che sono certamente ben informati.

Perché allora ospitare sulle vostre pagine una campagna pubblicitaria che nega e nasconde quello che è oggi più che mai necessario denunciare con forza?

La "liberazione" delle donne è stato uno dei principali falsi obiettivi dei bombardamenti americani in Afghanistan. Le donne afgane, attraverso le loro organizzazioni quali tra le altre Rawa ed Hawca, si sono opposte strenuamente a questo massacro e sono state ignorate. Hanno denunciato senza ambiguità che i nuovi padroni dell’Afghanistan, i signori della guerra insediati dal governo americano e mai liberamente eletti dalla popolazione, sono dei criminali. Essi hanno provocato centinaia di migliaia di morti negli ultimi trenta anni, hanno devastato, torturato e calpestato i diritti e la dignità umana delle donne quando erano al governo prima dei talebani. Contro di loro Rawa chiede da anni un processo internazionale per crimini contro l’umanità e l’accurata documentazione per realizzarlo è già pronta e disponibile da anni. Peccato che non si trovi ne’ un giornale ne’una forza politica, neppure qui in Italia, disposto a sporcarsi le mani con questa storia poco edificante.

In tutte le province dell’Afghanistan le scuole riaperte a beneficio dei riflettori occidentali vengono assalite da bande di fondamentalisti e non sono poche quelle che sono state costrette a chiudere di nuovo.

Dobbiamo ricordarvelo noi che la sharia è in vigore ovunque, le carceri sono piene di donne che fuggono alla violenza domestica, i suicidi per sfuggire ai matrimoni forzati non diminuiscono, in molte regioni è nuovamente proibito alle donne circolare senza un parente stretto maschio? Le donne vengono arrestate e sottoposte a visite ginecologiche forzate, non riescono a raggiungere scuole, posti di lavoro, università a causa delle restrizioni rigidissime sulla libertà di movimento. Forse non è evidente a chi gira solo per Kabul, ma chi mette un piede fuori dalla capitale entra in un territorio fuori da ogni controllo.

Sta per arrivare l’8 marzo e qui in Italia ci saranno compagne di Rawa. Per favore, evitate di pubblicare, magari accanto a un articolo corretto e ben informato come certo siete in grado di fare, qualche bella foto pubblicitaria capace di spazzare via, con un’occhiata, fiumi di inchiostro.

COORDINAMENTO ITALIANO A SOSTEGNO DI RAWA

 

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