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Lettera aperta ai Movimenti

di Bianca Dacomo Annoni

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Cari amici/compagni di strada,

ci ritroviamo ormai ogni giorno, in una piazza, in un’assemblea, su binari di morte, in un manifesto-volantino-pagina di giornale, in tante bandiere…

Ma non è soltanto il NO senza se e senza ma a una guerra già in atto che ci unisce: è anche la consapevolezza sempre più diffusa che la logica che promuove guerre "umanitarie" o "preventive" minacciando il futuro planetario di una convivenza civile fondata sul diritto internazionale è la stessa che consente anche in paesi cosiddetti "democratici" la violazione quotidiana di diritti fondamentali della persona: giustizia, informazione, salute, scuola, ambiente, lavoro – ambiti dove per definizione questi diritti si esprimono - sono scardinati alla radice nei contenuti normativi e nelle pratiche quotidiane.

Guerra preventiva, così come flessibilità del lavoro e riduzione dei diritti sociali, non sono solo dei costi da pagare, ma strumenti importanti di un modello neoliberista di globalizzazione del mercato e controllo delle risorse.

Uguale lavoro uguali diritti per tutti: è una delle battaglie che vorremmo condividere con tutti quelli che come noi ritengono questa affermazione un principio democratico incontestabile, che in quanto tale va al di là di considerazioni relative a strategie e opportunità politica.

E’ una considerazione molto semplice, che ci ha spinti a rivendicare per tutti i lavoratori dipendenti, anche nelle piccole aziende sotto i 15, l’applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, cioè la non licenziabilità senza giusta causa; e a individuare nel referendum popolare lo strumento democratico in questo momento più efficace e sicuro, perché semplicemente attraverso l’abrogazione di alcuni comma dell’art.18 diventa automatica la sua estensione a tutti.

Anche se riteniamo illusorio pensare che trovino ascolto là dove si procede senza esitazioni sulla strada della definitiva precarizzazione e flessibilità, siamo pronti a sostenere iniziative di proposta di leggi popolari che affrontino l’intera tematica della definizione e regolamentazione del mondo del lavoro; un referendum quindi non contrapposto ma collegato ad altre iniziative, primo passo e apri-strada per successive battaglie.

Non vogliamo affrontare qui gli aspetti tecnici – giuridici ed economici - della questione: lo stiamo facendo in tutta Italia in spazi pubblici di dibattito, sulla stampa che (raramente) ci ospita, nei media Rai-TV che ci ignorano accuratamente (con qualche rara eccezione), lo faremo anche attraverso queste pagine.

In questa lettera ci interessa sottolineare come le ragioni del SI che ci muovono siano le ragioni delle persone; per questo rifiutiamo qualunque strumentalizzazione messa in atto da partiti che utilizzano il referendum come pretesto per schieramenti che ubbidiscono a logiche altre, lontane dalle intenzioni di chi ha promosso questa battaglia e di chi ha dato la sua firma per avere il diritto di esprimersi democraticamente su una questione di civiltà.

Ci ritroviamo in totale sintonia con i Movimenti, che hanno trovato le strade per ragionare e mobilitarsi su contenuti che appartengono a tutti, e non su schieramenti; questa è la loro forza, su questo ci siamo riconosciuti, quando i Social Forum nella recente assemblea nazionale di Livorno hanno dato la propria adesione alla campagna per il SI.

Vorremmo incontrare anche girotondi, girandole, singole associazioni, per confrontarci sulle ragioni e magari organizzare insieme momenti di visibilità pubblica; vorremmo raggiungere tutti, per spiegare che non si tratta soltanto di esprimere solidarietà a una battaglia dei lavoratori per i loro diritti, ma di arginare il progressivo degrado di un mondo avviato a calpestare i diritti di tutti.

Vi chiediamo non solo di esserci quando saremo chiamati a scrivere SI su una scheda, ma fin da ora nei tanti Comitati di sostegno che stanno nascendo, locali, provinciali, regionali, nazionale, nei luoghi di lavoro e nella società civile; nelle iniziative promosse autonomamente o insieme.


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