politica politica politica politica politica politica

testatina ecologia.jpg (32192 byte)

Economia solidale funziona? E’ davvero "altra"?

 

di Vincenzo Ziliotti

Non ho nulla in contrario a qualsiasi forma di ridistribuzione del reddito, fatta su base volontaria ed individuale. Così come non ho niente in contrario, se la stessa avviene attraverso una lotta possibilmente, ma non necessariamente, non violenta, fra soggetti politici più o meno organizzati.

Fatta questa premessa, vorrei porre alcune domande e sollevare qualche obiezione sul modello dell’economia solidale (d’ora in poi ES), cosi come proposto da Elena Lonardi.

Il modello ha una sua coerenza logica interna, almeno da come è stato esposto, ma vorrei che ci s’interrogasse sulla sua coerenza esterna, in altre parole, su quanto può funzionare applicato al mondo reale.

Prima domanda: chi garantisce il consumatore, che compera un prodotto realizzato secondo le norme dell’ES, contro la truffa?

Una prestazione superiore, di qualsiasi ordine, compreso quello etico, deve essere in qualche modo "garantita". Se nell’economia capitalistica si acquista un prodotto non conforme alle specifiche promesse, esiste la possibilità di rivalersi su soggetti giuridici attraverso procedure note. Nel caso della ES, chi garantisce che tutti i partecipanti al processo di produzione-distribuzione-consumo abbiano operato secondo i criteri etici della ES?

Seconda domanda: che cosa succede ai produttori della ES se spariscono i consumatori ES?

Immaginiamo un gruppo sociale ad alta propensione etica, ad esempio, gli insegnanti di lettere di orientamento progressista "politicaly correct", questi, oggi, acquistano prodotti dell’ES, ma nella prospettiva di una significativa riduzione delle loro pensioni, continueranno a farlo o torneranno anche loro a fare la spesa alla Esselunga o alla Lidl?

Terza domanda: l’ES, mi sembra di capire, trasferisce risorse dai ricchi ai poveri.

I poveri, una volta ricevute le risorse, che cosa ne fanno?

L’assenza di risorse adeguate condanna al sottosviluppo, ma lo spreco di risorse in uno spazio economico povero, non solo perpetua il sottosviluppo, ma provoca un degrado etico-morale, che forma con il polo precedente una spirale "viziosa", che deprime sempre più lo standard della condizione umana di quelle comunità.

Poste queste domande, che riguardano la pratica, torno agli aspetti della "doxa".

Il modello classico neoliberista è una delle interpretazioni descrittivo-normative (= teoria o ideologia a preferenza del lettore) di un sistema economico che si chiama capitalismo (= realtà, ciò che esiste). Il capitalismo ha mostrato nella sua storia la capacità di convivere e svilupparsi utilizzando più modelli: quello classico, quello keynesiano, quello neoliberale, quello corporativo-nazionalsocialista.

Secondo Elena Lonardi, per avere un sistema economico superiore, basta cambiare i valori, che stanno alla base dell’agire economico, passare da un valore negativo, lo sfruttamento, ad una positivo, la solidarietà. Peccato che alla base del capitalismo non vi sia alcuna valore etico, perciò non c’è un bel niente da sostituire. Il capitalismo, infatti, non impedisce che gruppi ed individui mettano in comune i loro beni, rinuncino ad essi, o pratichino la carità, cosi come altri possono essere assolutamente edonisti ed egoisti. Riprovevoli, da un punto di vista capitalistico, sono solo quei comportamenti che congelano le risorse: l’avarizia, la tesaurizzazione, l’astinenza, peccati capitali che interrompono la spirale virtuosa della circolazione del valore.

In questa prospettiva, l’ES non diviene nient’altro che una delle cento nicchie del mercato globale, dove anche i contras del capitalismo danno il loro contributo alla circolazione delle merci, alla creazione, ridistribuzione, distruzione di ricchezza. In questo non trovo nulla di deprecabile, anzi, esprimo la mia valutazione positiva, soprattutto, se domani consentirà a qualcuno di stare meglio di oggi.

Ma per favore, non ditemi che ciò è "altro", ditemi solo che è "meglio".

E’ nota da oltre quattro secoli la relazione fra sistema economico e valori etici. Adam Smith era un clerico che prima della Ricchezza delle Nazioni scrisse la Teoria dei sentimenti morali. Max Weber ci ha dimostrato che alcuni modelli di etica individuale sono più propizi di altri allo sviluppo del capitalismo. Il capitalismo stesso per funzionare ha bisogno di uno standard etico minimo che consenta quella "fiducia", base di ogni transazione economica.

Mi sorprende sempre più l’indifferenza dei portabandiera del neo-liberismo alla "cotè" etica del sistema. Nel nostro paese poi, questo è ormai un "non" tema. Forse, vale solo la pena discutere su quanti mandati serviranno al nostro caro Primo Ministro, per implementare appieno quel modello di economia pre-capitalistica, che unisce insieme l’appropriazione per rapina e la ereditarietà dei beni e delle rendite, a Lui tanto care.

Il capitalismo ha un solo merito: quello di spingere lo sviluppo delle forze produttive. E’ il sistema economico che ha dato all’umanità il più alto standard di vita materiale. Scusate se è poco. Se un sistema migliore va immaginato, esso deve dare altrettanto benessere altrimenti il suo destino è segnato. URSS docet. Inoltre non può prescindere dalla libertà individuale. Un sistema che voglia tutti gli "operai" orientati in senso solidaristico è inaccettabile, almeno in Europa. Ma forse questa prospettiva di superamento dello stato di cose presente ci porta a discorsi "sovversivi". Quelli di un antico compagno che incontro sempre più raramente.

 

Società Politica Arti visive Lettura Scrittura Punto rosa Legalità Paesi in guerra Mondo

HOME