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Scuola integrata o disintegrata?

di Mirella Santamato

Molto spesso, ancor oggi, parlando di disabilità non si affronta il problema alla radice: quello della educazione. L’educazione è il fine primario della istituzione scolastica, ma pare che, in questi ultimi tempi, si sia completamente perso di vista. Siamo stati sommersi da nuovi programmi, nuove materie, dal computer all’economia finanziaria, nuovi testi (anche la storia pare messa sottosopra) e ci muoviamo in un ginepraio di leggi, leggine, decreti e norme applicative che farebbero paura anche ad Einstein.

In tutto questo bailamme pare che la strada maestra (non a caso così definita) si sia perduta.

Vogliamo un attimo ripercorrere la strada a ritroso e ritrovare il significato profondo di educazione e scuola?

Come molti sanno educazione deriva dal latino e-ducere, cioè tirare fuori, far uscire. Che cosa fare "uscire" dunque? Fare uscire da ogni allievo la sua parte migliore, la sua anima profonda, le sue capacità di vita. Per fare tutto questo ci vuole la scuola, che altro non è che un mezzo per ottenere il fine suddetto.

Benissimo. La scuola, quindi, dovrebbe preparare l’alunno a sviluppare le proprie capacità per affrontare la vita. La vita è la cosa più complessa, incredibile, stupefacente che esista. Ed è così stupefacente proprio perché è estremamente varia, diversa, imprevedibile e divertente.

Se i nostri ragazzi fossero più educati alla varietà, alla diversità, alla imprevedibilità degli avvenimenti della vita, daremmo loro uno strumento formidabile per capire l’esistenza.

Ma la nostra scuola, invece, sembra strutturata esattamente per ottenere il contrario!

Si cerca di creare classi omogenee, programmi conformi e testi unici. Si sta tentando di appiattire e uniformare il sistema per avere un tipo di alunno che, una volta uscito dal tritatutto, sia un perfetto robot, assolutamente programmabile e condizionabile al pensiero dominante.

Per ottenere questo, nulla di diverso deve disturbare il suo apprendimento. Nella classe, quindi, si cercherà di non mettere alunni diversi, con colori della pelle diversi, con culture o religioni diverse e con corpi diversi.

I disabili, quindi subiscono uno strano trattamento: da una parte si sbandiera ai quattro venti l’ integrazione nella suola, poi, di fatto, vengono tolti dal lavoro la maggior parte degli insegnanti di sostegno e degli assistenti, che potrebbero permettere la fruizione dell’educazione scolastica anche ai ragazzi più gravi. Di fatto, si sta cercando di mettere l’orologio della storia indietro, tornando a vecchi concetti quali classi differenziali e corsi speciali.

Io non voglio occuparmi del danno psicologico e affettivo procurato all’alunno disabile, io voglio fare luce sul disastro sociale ed emotivo che una simile politica può portare ai ragazzi "normali".

Se la scuola seleziona a priori ( e non a posteriori, come dovrebbe) i nostri figli verranno deprivati del bene più prezioso di tutti: la varietà infinita delle forme umane, delle culture, delle intelligenze e della bellezza di ognuna di esse.

Avere dei ragazzi diversi in classe ( qualsiasi sia la loro diversità) è un enorme arricchimento di conoscenza per i nostri figli, che diventeranno, in questo modo, capaci di rapportarsi con la realtà della vita e non con un mondo inesistente, deprivato di ogni colore e forma e reso tragicamente tutto uguale. Una volta cresciuto, questa persona robotizzata cercherà di forzare la vita in quei strettissimi binari che conosce e cercherà di tagliare tutti quelli che non entrano in simili preconcetti. Siano essi ebrei, negri, disabili o zingari, non ha importanza, dipende solo dalla "moda" del momento. Tragica storia di ieri, che potrebbe diventare anche narrazione di domani.

Solo con una scuola "integrata" i nostri ragazzi avranno gli strumenti per affrontare con coraggio le difficoltà della vita, come essa è in realtà. Dio ha forse sbagliato a creare i negri o gli zingari o le malattie? Se la vita è piena di tutto questo, chi si può ergere a giudicare l’operato di Dio?

Appare ora evidente che, senza questa conoscenza "integrata", i nostri ragazzi potrebbero diventare, potenzialmente, dei mostri. Se li amiamo davvero, dobbiamo stare attenti.


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