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Il perdono: la più grande esportazione del
Sudafrica?
a cura di Nicola
Colasuonno
Al tribunale non si porta un coltello che taglia, ma un ago che cuce, dice un
proverbio africano. È ciò che la Commissione della verità e della riconciliazione ha
fatto in Sudafrica.
Beth Savage era seduta davanti a 17 persone della Commissione, presieduta
dallarcivescovo Desmond Tutu. Accanto a sé Beth aveva unamica che mentre
parlava ogni tanto le porgeva un bicchiere dacqua e fazzoletti di carta.
Sono stata sempre contraria allapartheid e i miei genitori mi avevano educata
a rispettare tutti, indipendentemente dal ceto e dalla razza. Con queste parole Beth
aveva cominciato a raccontare la vicenda che le aveva sconvolto la vita. Un giorno, lo
scoppio di una granata al circolo del golf di King Williams Town causò la morte di
quattro persone e un numero imprecisato di feriti. Lei era lì per una degustazione di
vini e fu gravemente ferita. Sottoposta ad unoperazione cardiaca, rimase ricoverata
per vari mesi in un centro di terapia intensiva.
Mi piacerebbe poter incontrare quelluomo (lattentatore) per comunicargli
la speranza e il perdono, e che anche lui possa perdonarmi qualunque siano i motivi di
rancore. Beth si era fermata un po per riprendere fiato e poi, guardando con
occhi lucidi Desmond Tutu, aveva continuato: In ogni caso, ci terrei davvero molto a
incontrarlo.
Più di 20mila persone si sono presentate davanti alla Commissione della verità e della
riconciliazione istituita dallallora presidente, Nelson Mandela. Alcune erano
vittime venute a piangere pubblicamente, ad aprire il loro cuore e a liberare
langoscia che per tanto tempo era stata ignorata o forse negata. Altre erano autori
di crimini, bianchi e neri, che cercavano uno spazio dove sfogare la loro colpa e
riconoscere il loro errore, per ottenere amnistia e riconciliazione.
Lobbiettivo della Commissione non era quello di accertare la colpa. Infatti, non
veniva emessa una sentenza di innocenza o di colpevolezza. Lobiettivo era invece
quello di stabilire la verità. Tra il modello di Norimberga dove i colpevoli sono puniti
e lamnistia generale copritutto, il Sudafrica optò per una terza
via che si è rivelata un modello da esportare. Lamnistia veniva concessa a
chi ne faceva domanda e accettava di comparire davanti alla Commissione facendo una
confessione piena e dettagliata dei propri crimini, commessi dal 1961 al 1994, negli anni
dellapartheid. Insomma, si dava la libertà ai colpevoli in cambio della verità.
Essere è appartenere
La formula inventata da Desmond Tutu confessione, perdono, riparazione, e tutto
questo davanti a una Commissione pubblica e ufficiale si è rivelata un modello da
esportare per altri paesi, dal Perù al Cile, dalla Sierra Leone a Timor Est. É una
formula inventata al momento giusto nella storia del Sudafrica e messa in opera dagli
uomini giusti. Dopo 50 anni di apartheid con Mandela, presidente del Sudafrica, e Desmond
Tutu, uomo di fede e di grande visione, la Commissione ha avuto un percorso fatto di tanti
successi e pochi rifiuti. Ma cè un particolare che distingue questa Commissione e
che fa da principio rigeneratore in Africa: lubuntu.
Tutta lAfrica si regge su un sistema di relazioni non solo familiari, ma anche
etniche e nazionali. Sentirsi emarginati, messi da parte in un villaggio, in una società
o in una comunità cristiana, è la forma più grave di punizione. È lanatema che
esclude una persona da un organismo, facendola seccare e quindi morire. Lubuntu è
il fatto esistenziale di essere intessuti in una rete di prossimità e di interdipendenze.
La Commissione ha proposto a tutti, vittime e criminali, perfino a Pieter Botha, primo
ministro dal 1978 al 1989, la possibilità di tornare ad essere in seno ad una nuova
nazione che nasceva dopo le elezioni del 26 aprile 1994. Infatti un ufficiale, una volta
confessato il massacro di 28 persone davanti alla Commissione, ha fatto un appello
straordinario: Per favore, perdonateci. Il peso del massacro di Bisho sarà su di
noi per il resto della vita. Ma voi vogliate accogliere di nuovo i miei soldati nella
vostra comunità.
Nelle società individualiste, la richiesta di perdono è un voler superare un passato
fatto di mali commessi o torti subiti. Nelle società con forti strutture sociali, come è
quella africana, al contrario, è il primo passo, il primo cambiamento in un sistema di
relazioni. Con le parole di Desmond Tutu, il perdono è la forma migliore per
preservare i propri interessi, perché mi libero dai legami che mi tengono prigioniero per
continuare a ricostruire rapporti. Senza le relazioni, non sono niente. Non si
tratta allora di cancellare un passato, ma di continuare a vivere, a inventare una storia
nuova con relazioni diverse.
Per Beth Savage poter incontrare lattentatore, potergli stringere la mano e
offrirgli il perdono poteva essere linizio di una nuova vita, lontana da un passato
razzista, basata su una fraternità rinnovata. Ancora: la richiesta di perdono dà un
nuovo significato e crea una relazione fondamentalmente diversa col passato. É una
garanzia che tali mali non si ripeteranno più. Viene interrotta la spirale della
violenza. La voglia di vendetta viene rimpiazzata dal perdono. Perdonare in Sudafrica non
poteva significare voltare pagina senza guardare negli occhi la belva dellapartheid.
Lobiettivo non era dimenticare il passato, né cercare delle scuse o giustificazioni
per crimini commessi. Perdonare significava fare memoria del passato per poter costruire
insieme, con gli stessi poliziotti e funzionari di governo, il futuro in una maniera
diversa.
La riparazione dei torti
Dopo un periodo di violenza e di crimini sociali, alcune società hanno tentato di avviare
dei processi di riconciliazione sociale: la riparazione, infatti, è un atto importante
anche nei processi giudiziari. In Sudafrica, per le 19mila vittime, è stato approvato dal
governo una riparazione simbolica di 30mila rands, circa 3.900 euro a persona. Anche in
Cile, la Commissione della verità e della riconciliazione ha raccomandato che delle somme
di denaro siano date ai sopravvissuti ai massacri del regime Pinochet. Le vedove hanno
ricevuto una pensione e gli orfani delle borse di studio per terminare i loro studi. Con
la riparazione, i nuovi governi hanno avuto la possibilità di prendere le distanze da una
storia passata che riguardava soprattutto i loro predecessori.
Era importante per Desmond Tutu come per Joseph Christian Humper della Sierra Leone (vedi
sotto, ndr) che la riparazione fosse basata sulla verità. Bisognava poter guardare il
passato con qualcuno del quale ci si poteva fidare e che avrebbe potuto rappresentare le
vittime nella richiesta di riparazione. La verità presupponeva una fiducia che avrebbe
permesso di raccontare fatti orribili. Senza questa fiducia, ciò che poteva essere
considerata verità avrebbe potuto condurre a forme di riparazione simili alla vendetta.
É anche vero che nessuna forma di riparazione può rimpiazzare una vita umana tolta o le
mani amputate dei bambini della Sierra Leone. Una compensazione finanziaria o un casa
ricostruita può alleggerire i bisogni ordinari delle vittime, ma non annulla il passato.
La riparazione ha una sua valenza simbolica che evidenzia il cambiamento avvenuto nelle
relazioni di un gruppo di persone. Ma è soprattutto un segno che quella violenza
esperimentata nel passato non potrà più scatenarsi ancora. Perdonare significa saper
prendere lago per ricucire rapporti e riabilitare tanto le vittime quanto i
criminali, con lopportunità di reintegrarsi nella comunità.
La riconciliazione non è dunque fine a se stessa. É piuttosto un processo che permette
alla società di garantire un avvenire nuovo, assicurando la pace e sotterrando ancora una
volta la violenza. Davvero, senza perdono e riconciliazione non cè futuro.
La Commissione della
verità e riconciliazione in Sierra Leone
É stata voluta dai firmatari del Trattato di Pace di Lomé, cioè il governo della Sierra
Leone e il Fronte rivoluzionario unito (Ruf), il 7 luglio 1999. Ha cominciato le sue
udienze pubbliche il 14 aprile 2003.
Ha come obiettivo creare una documentazione storica e imparziale delle violazioni e degli
abusi dei diritti umani negli anni della guerra, dal 1991 al luglio 1999. Soprattutto si
propone di cominciare un processo terapeutico di pace, rispondere ai bisogni delle vittime
e prevenire il ripetersi degli stessi crimini.
La Commissione è composta da sette membri, di cui solo quattro sono sierraleonesi. Il
presidente è il rev. Joseph Christian Humper, vescovo della chiesa metodista unita e
presidente del Consiglio delle chiese della Sierra Leone. La Commissione ha raccolto ben
1.400 testimonianze su 3.000 vittime. Un terzo dei testimoni sono donne. Il dieci per
cento invece sono bambini.
Voglia di pace e di
riconciliazione
In occasione del gemellaggio tra il Comune di Cesena e la diocesi di Makeni, lo scorso 21
ottobre, abbiamo avuto loccasione di sentire il parere del vice presidente, Hom
Solomon Berewa, e di mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni.
Signor vice presidente, come procedono i lavori della Commissione? Ha avuto
unudienza anche Lei?
Non so quante persone abbiano testimoniato davanti alla Commissione. Credo che siano state
moltissime, dal presidente fino ai bambini. Anchio ho ricevuto udienza, come i
ministri del governo e tanti altri. Ora la Commissione sta scrivendo i rapporti da
consegnare al presidente, proponendo appunto forme di riparazione o di risarcimento.
Nessuna notizia è buona notizia: non essere nei notiziari della televisione con massacri
e violenze, è un buon segno per un paese che vuole la Pace.
Mons. Biguzzi, la sua
opinione sui lavori della Commissione?
Innanzitutto è stato un avvenimento molto positivo. Mi sembra però che la Commissione
non sia stata capita dalla gente. Cioè, sapevano che bisognava andare lì a raccontare
ciò che era successo negli anni della guerra, ma poi cosa succede? In questo senso, non
ha avuto un grosso impatto. Sono stato presente a varie sedute e ho incoraggiato a
continuare. Le persone che hanno chiesto di essere perdonate hanno subito ottenuto il
perdono. In genere, i sierraleonesi sono stanchi di guerre e vogliono riprendere a vivere.
In Sierra Leone si è verificata una riconciliazione, oserei dire, insperata, tra le parti
coinvolte nel conflitto. Ci saspettava che venissero attuate ritorsioni, tentativi
di vendetta, ma questo non è avvenuto. Oggi la gente vive a fianco degli ex
combattenti, anche se tutti sanno quali disastri e quante sofferenze abbiano
provocato. Cè un atteggiamento di tolleranza, anche se ancora non è così
profondo, che ci permette di vivere insieme e ricostruire il paese.
Avete proposto delle
forme di riparazione per le vittime della guerra?
Soprattutto per quelli cha hanno avuto le mani amputate, si stanno costruendo delle case.
Per altri che hanno avuto case bruciate cè un programma finanziato dalla Crs
(Catholic relief service, Usa), lequivalente della nostra Caritas. Purtroppo non
tutti sono stati raggiunti. Comunque, il programma continua. Agli ex-combattenti, stiamo
offrendo dei programmi professionali per insegnare loro un mestiere.
Il fatto più positivo è che il paese abbia oggi ritrovato la pace; una situazione di
stabilità, che appare però tuttora fragile. Uno dei motivi è dovuto al fatto che i
paesi confinanti sono ancora in subbuglio. Per questo a volte dico, scherzando ma non
troppo, che nellarea dellAfrica Occidentale, la Sierra Leone è adesso
uno dei pochi paesi in pace. Si può viaggiare anche di notte senza paura. Un
esempio: questa settimana, il presidente è ad una conferenza islamica in Malesia, il vice
presidente è in Italia, anche il presidente della Camera si trova allestero;
dunque, il paese viene governato dal vice presidente della Camera, che è una donna. Non
è poco.
LA CORTE SPECIALE DELLA
SIERRA LEONE
Su richiesta del governo, lOnu ha istituito una Corte speciale internazionale per
giudicare i responsabili dei crimini contro lumanità, i crimini di guerra e altre
violazioni della legge umanitaria internazionale (stupro, schiavitù sessuale,
prostituzione coatta) e di processare tutti i maggiori responsabili (il numero è limitato
a una trentina a causa dei fondi ricevuti) dei crimini compiuti dopo il 30 novembre del
1996 (data di un fallito Accordo di pace fra il governo e i ribelli del Fronte unito
rivoluzionario firmato a Abidjan, Costa dAvorio). La maggior parte della gente non
conosce la differenza fra la Corte speciale e la Commissione della verità e
riconciliazione.
A differenza di altri Tribunali internazionali (Rwanda ed ex-Yugoslavia), la Corte della
Sierra Leone comprende anche giudici locali, ma sia il procuratore speciale
che linvestigatore capo sono cittadini americani. La Corte ha avuto un mandato di
tre anni con un bilancio di quasi 20 milioni di dollari. Ha sede a Freetown.
N.C.
Missione oggi© |
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