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Il regno di Abir,
Smadar e Ahmad
di Ettore Masina
Nurid
Peled Elhahan è tornata a scrivere ai suoi amici. L’abbiamo conosciuta a
Bologna, l’anno scorso, in occasione di un convegno di grande
importanza, dal titolo “Pace e Psicoanalisi”. Non cercate di
ricordarvene: nessun giornale italiano lo ha giudicato degno di nota.
Nurid non è una psicoanalista ma un insegnante e lo è in tutti i sensi.
Non soltanto a scuola ma in mezzo all’atroce conflitto mediorientale
addita all’opinione pubblica israeliana – anche lei è ebrea - la feroce
oscenità della guerra e l’assoluta necessità, anche psichica, della
pace. Non è una politica e non è neppure una grande oratrice ma quando
parla ti fa venire i brividi. Senti nella sua voce lo strazio di una
madre capace di piangere per i figli uccisi di tutte le madri. Una sua
bambina di 13 anni, Smadar, è stata stroncata da un attacco suicida
compiuto da un adolescente palestinese. Nurid non si è limitata a
piangere: ha fondato con Izzat Ghazzawi, anche lui insegnante, un centro
per la riconciliazione. Izzat è palestinese, uno dei suoi quattro figli,
Ahmad, è stato ucciso da un soldato israeliano mentre andava a scuola.
Smadar, Ahmad... Nurid ci scrive adesso di Abir Aramin, una bambina
palestinese di nove anni, uccisa, mentre usciva da scuola, da una
pallottola di gomma sparatale da un poliziotto di frontiera. Il crimine
è avvenuto in un villaggio la cui scuola è stata tagliata a metà: da un
lato le aule, dall’alto il cortile per la ricreazione. Il padre di Amir
è stato un militante di
Fatah ed ha passato lunghi anni in un carcere israeliano. Poi è stato
uno dei fondatori di “Combattenti per la pace”, un’organizzazione
formata da palestinesi e israeliani che rifiutano la violenza e chiedono
la fine dell’occupazione e una soluzione giusta del conflitto..
Scrive Nurit: “Per avere cercato di tirare una granata contro una jeep
dell’esercito israeliano che stava pattugliando Hebron occupata, Bassan
Aramin, si è fatto nove anni di carcere. Non passerà una sola ora in
prigione il soldato che la mattina di mercoledi scorso ha sparato alla
testa di sua figlia Abir, di nove anni.. In Israele, i soldati non
vengono incarcerati per aver ucciso un arabo. Mai. Non importa se gli
arabi sono vecchi o bambini, reali o potenziali terroristi, manifestanti
pacifici o lanciatori di pietre. L’esercito non ha aperto nessuna
inchiesta sulla morte di Abir Aramin. Né la polizia né le corti hanno
indagato qualcuno. Non ci sarà nessuna inchiesta. Per quanto riguarda le
Forze di Difesa Israeliana (IDF), lo sparo non è mai avvenuto. La
versione ufficiale dell’esercito israeliano sulla sua morte, dichiara
che Abir è stata colpita da un sasso, lanciato da uno dei suoi compagni
di classe contro “le nostre forze”.
“Noi che abitiamo in Israele sappiamo che le pietre tirate da un bambino
di dieci anni non fanno saltare i cervelli. Così come vediamo, invece,
tutti i giorni, le jeep israeliane circondare i bambini palestinesi
mentre vanno o tornano da scuola, salutarli con stun-bombs, pallottole
di “gomma” e gas lacrimogeni.
“Una pallottola è penetrata nel cranio di Abir Aramin, mentre usciva da
scuola con sua sorella. L’ho vista subito dopo all’Ospedale di Hadassah,
dove dormiva calma in un immenso letto di ospedale. Il volto di Abir era
bianco. I suoi grandi occhi, chiusi. In quel momento, il suo cervello
era già clinicamente morto, ed i dottori stavano decidendo se permettere
anche al resto di lei di farlo. Ho visto chiaramente che la sua testa
era stata ferita da uno sparo alle spalle. Un giovane studente che ha
testimoniato sul suo ferimento ha riferito ai giornalisti che la polizia
israeliana di frontiera, parte dell’IDF, ha bersagliato le ragazze
appena sono uscite da scuola: “ Le ragazze erano spaventate e hanno
cominciato a scappare. La polizia di frontiera le ha inseguite . Abir
aveva paura e si è fermata davanti ad uno dei negozi che si trovano al
bordo della strada. Io stavo vicino a lei. Il poliziotto di frontiera ha
sparato attraverso una fessura speciale che hanno sul finestrino della
jeep. L’automezzo si trovava molto vicino a noi. Abir si è accasciata
per terra... Ho visto che sanguinava dalla testa”.
“Abir Aramin è morta. I dottori dell’Hadassah non comunicheranno ai
genitori ed amici la causa della sua morte. Suo padre, Bassam Aramin, è
uno dei fondatori dei Combattenti per la Pace. Sono membri di questo
gruppo anche i miei figli Elik e Guy, che hanno servito l’esercito
israeliano nei territori occupati. Sono amici intimi di Bassam. Bassam
ci ha detto che non potrà avere pace finché l’assassino di sua figlia
non lo convincerà che una bambina di nove anni aveva minacciato la sua
vita o la vita degli altri soldati sulla jeep. Ho paura che Bassam non
avrà mai l’opportunità di darsi pace.
“Abir Aramin si è unita, nel regno sotterraneo dei bambini morti, alle
migliaia di altri bambini uccisi in questo paese e nei territori
occupati. Penso che sia stata accolta dalla mia piccola Smadar. Smadar è
stata uccisa nel 1997 da un attentatore suicida. Se il suo assassino
fosse sopravissuto, sono certa che sarebbe stato spedito in prigione per
il suo crimine, insieme al resto della sua famiglia, e la sua casa
demolita. Adesso, siedo con Salwa, la madre di Abir, e cerco di dirle
“Siamo tutti vittime dell’occupazione”. Mentre lo dico, so che il suo
inferno e molto più terribile del mio. L’assassino di mia figlia ha
avuto la decenza di uccidere se stesso quando ha ucciso Smadar. Il
soldato che ha ucciso Abir sta probabilmente bevendo birra, giocando a
backgammon con i suoi amici e andando in discoteca la sera. Abir è in
una tomba.
“Il padre di Abir è stato un soldato che ha combattuto contro
l’occupazione – ufficialmente un “terrorista”, anche se è una strana
logica quella che definisce “terroristi” coloro che resistono
all’occupazione e all’oppressone della propria gente. Oggi Bassam Aramin,
è ancora un combattente – ma come attivista per la pace. Lui sa, come so
anch’io, che la sua bambina porta con sé nella tomba tutte le ragioni di
questa guerra. Le sue piccole ossa non hanno potuto sopportare il peso
della vita, della morte, della vendetta e dell’oppressione con i quali
ogni bambino arabo è costretto a crescere. Bassam, come musulmano, deve
affrontare una prova: come uomo di onore non deve cercare vendetta, non
deve arrendersi, non deve trascurare la lotta per la dignità e la pace
nella sua terra. Quando mi ha chiesto dove ho trovato la forza per
andare avanti, gli ho detto l’unica cosa alla quale potevo pensare: dai
bambini che ci sono stati lasciati. La sua altra bambina, i miei altri
tre figli. Dagli altri bambini palestinesi ed israeliani che hanno il
diritto di vivere senza che i più anziani li forzino ad essere occupanti
o occupati. Il mondo occidentale non coglie cosa sta accadendo qui;
rimane in disparte e non fa nulla per salvare le bambine dai loro
assassini in divisa. Il mondo illuminato accusa l’Islam, come una volta
colpevolizzava il nazionalismo arabo, per tutte le atrocità che il mondo
non-islamico sta infliggendo ai musulmani. L’occidente illuminato ha
paura delle bambine con il velo in testa. E’ terrorizzato dai bambini
con la kefia. E in Israele, i bambini vengono educati ad avere paura,
più di tutto, dei frutti dell’utero musulmano. Per questo, quando
diventano soldati, non vedono nulla di male nell’uccidere i bambini
palestinesi “prima che crescano”. Ma Bassam e Salwa e tutti noi – ebrei
ed arabi vittime dell’occupazione israeliana – vogliamo vivere insieme,
così come moriamo insieme. Vediamo i nostri figli sacrificati
sull’altare di una occupazione che non ha alcuna base nella legge o
nella giustizia. E, fuori, il mondo illuminato giustifica il tutto e
manda altri soldi agli occupanti. Se il mondo non torna alla ragione,
non ci sarà altro da dire o da scrivere o da ascoltare in questa terra
se non il pianto silenzioso del mattino e le voci mute dei bambini
morti”.
Questo ci ha scritto Nurit Peled, e non saprei che cosa aggiungere alle
sue parole. Vi mando la fotografia di Abir e vi domando se il suo
sorriso non somigli a quello delle bambine che amiamo: e non ci chieda,
con la loro voce: “E tu?”.
www.ettoremasina.it
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