|
Quale ruolo per
l'Italia al Consiglio dei diritti umani ONU
di
Rita Guma
Questa settimana l'Italia
e' entrata a far parte del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni
Unite. Secondo la Farnesina, "I consensi raccolti tra i membri delle
Nazioni Unite manifestano l’apprezzamento per l’impegno profuso
dall’Italia per la promozione e la protezione dei diritti umani,
testimoniato concretamente dalle grandi battaglie ideali ed etiche
condotte dal nostro Paese, di cui l’iniziativa per una risoluzione sulla
moratoria universale delle esecuzioni capitali alle Nazioni Unite e’
ulteriore conferma".
Ci viene spiegato che "Nel corso del proprio mandato l’Italia intende
farsi portatrice di una visione del tema della difesa dei diritti umani
improntata al dialogo ed alla concertazione, per favorirne la concreta
applicazione su scala globale. Il nostro Paese dedichera’ particolare
attenzione alla promozione della legalità, dello stato di diritto e
della democrazia, alla lotta contro ogni forma di discriminazione,
all’opposizione alla tortura e a trattamenti inumani e degradanti.
L’Italia inoltre mettera’ sempre al primo posto i diritti dell’infanzia,
e si adoperera’ per dare risposte concrete al problema dello
sfruttamento dei minori, particolarmente grave nella forma del loro
arruolamento nelle milizie armate".
Ritengo che tutto cio' meriti qualche osservazione e approfondimento da
parte nostra, visto che ci occupiamo di diritti umani e quindi abbiamo
una visione quotidiana di questo tema e della differenza fra il dire e
il fare...
In primo luogo sicuramente il nostro Paese ha condotto battaglie ideali
ed etiche significative, anche se fra queste viene indicata la battaglia
per la moratoria ONU sulle esecuzioni che - come gia' spiegato su questo
sito - non sarebbe di facile raggiungimento in una forma davvero
incisiva in quanto vanificabile da emendamenti che lasciassero troppo
spazio ai singoli Paesi. Sicuramente pero' della pena di morte occorre
parlare in sede internazionale e sicuramente non e' indifferente il
fatto che il governo italiano abbia su questa battaglia ottenuto il
consenso europeo, visto che sempre piu' battaglie su diritti si
giocheranno con un ruolo importante dell'Unione Europea.
E' evidente inoltre che nella pluralita' di visioni e nel disequlibrio
fra effettivo potere delle diverse potenze, non e' facile ottenere tutto
e subito, ed occorre lavorare molto per una concertazione che non sia
compromesso inutile, ma vera ed utile soluzione condivisa. Tuttavia
laddove si ha il potere di agire occorrerebbe dimostrare quel
"concretamente" di cui parla la Farnesina, altrimenti non e' chiaro se
si vuol solo parlare e dare lezioni (verbali) agli altri oppure agire.
A nostro avviso l'azione in Libano e' stato un atto concreto volto a
garantire i popoli di quelle terre e non lo pensiamo solo noi, dato che
la stampa internazionale ha dato a suo tempo un ampio rilievo al ruolo
svolto dall'Italia - e D'Alema in particolare - per la realizzazione di
una forza internazionale in Libano.
Tuttavia e' a casa nostra che cade l'azione sui diritti umani. E' nel
caso, ad esempio, di Abu Omar, dove il governo si e' trincerato dietro
scuse risibili per giustificare il segreto di Stato su una vicenda di
violazione dei diritti fondamentali della persona. Purtroppo mi rendo
conto che tanti cittadini si sentono piu' al sicuro - complici anche i
tanti film in cui il buono puo' impunemente comprtarsi da vendicatore e
violare la legge - se dei Rambo possono prelevare senza discussioni un
presunto terrorista e chiuderlo in galera, pazienza se senza accuse,
senza avvocato, senza limitazioni dei tempi di detenzione e con contorno
di torture, tuttavia questo agire contraddice una marea di leggi e
trattati internazionali che il nostro Paese ha sottoscritto.
E, se si puo' capire che l'Italia non abbia la forza e gli strumenti per
assicurare la presenza degli imputati e testimoni statunitensi nei vari
processi per la morte di Italiani o delitti commessi in territorio
italiano, non e' accettabile per chi parli di diritti umani impedire
'accertamento della verita' sulla violazione di tali diritti.
Un altro esempio di come si possa cadere sui diritti pur dichiarandosene
paladini, e' quello della liberazione di Daniele Mastrogiacomo, o meglio
delle motivazioni dichiarate per averlo liberato. In una intervista de
La Stampa al sottosegretario Vernetti, titolare della delega per i
diritti umani, leggiamo: D- "Vernetti, fuor di gergo
politico-diplomatico, ma è vero o no quanto Karzai ha lasciato
intendere? E cioè che a Kabul hanno percepito che in Italia la
situazione politica stava per precipitare se il giornalista di
«Repubblica» non fosse stato liberato?" R- «Ricordiamoci in che
situazione eravamo. C’era un delicatissimo passaggio parlamentare; il
Senato doveva votare il decreto di rifinanziamento alle missioni
militari. E c’era una fortissima attenzione dell’opinione pubblica. Sì,
un eventuale omicidio avrebbe dato il via a reazioni incontrollabili. E’
stato giusto fare di tutto per salvare quella vita....». Ne deduciamo
che il ragionamento e' stato: e'' stato giusto salvare quella vita per
evitare patatrac politici! Un bel retroscena per un'azione di difesa
della vita umana!
Insomma, l'Italia - considerata anche la contemporanea presenza nel
Consiglio di Sicurezza dell'ONU - con questo ruolo ai diritti umani
potrebbe effettivamente fare nel mondo un grosso lavoro, ma dovrebbe
dare anche segnali coerenti sui diritti umani. E cio' sia internamente
(senza il fumo negli occhi delle innumerevoli consulte, che ormai si
sono moltiplicate all'infinito ma sono utili solo a tener buone le
associazioni coinvolte), sia all'estero, come non sostenere solo alcune
battaglie che riguardano solo minoranze perseguitate di una determinata
ispirazione ideologica o - viceversa - solo tragedie che godono della
strombazzata grancassa americana (Darfur) e non altre che sono
altrettanto degne di nota e sostegno (ad es quella sull'Uganda, una
tragedia altrettanto grave, ma dove i razziatori non sono islamici e non
c'e' il petrolio).
Osservatorio sulla legalita', 20 maggio
2007 |
|