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Gli
abusi e la violenza sulle donne
di
Arianna Ballotta
[Violenza
sessuale] [Violenza
domestica] [Violazioni
dei diritti umani in materia di scelte riproduttive ed autonomia
sessuale delle donne] [Donne
e conflitti armati] [Lavoro
forzato] [Donne
ed HIV/AIDS] [Traffico
di esseri umani] [Donne
in carcere] [La
condizione delle donne in famiglia e la loro condizione legale]
[Donne
rifugiate e profughe - Negazione del diritto d’asilo sulla base del
sesso]
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Milioni di donne nel mondo vivono ancora nella condizione deplorevole di
veder negati i loro fondamentali diritti umani senza alcuna ragione, se
non quella di essere nate donne. Le donne subiscono violenze sessuali di
ogni genere, soprattutto – ma non solo - durante i conflitti armati. In
Sierra Leone, Kosovo, Repubblica Democratica del Congo, Afghanistan e
Ruanda i combattenti ed i loro simpatizzanti hanno stuprato migliaia di
donne come strumento di guerra e sono rimasti impuniti. In Paesi come il
Pakistan, il Sud Africa, il Perù, la Russia e l’Uzbekistan, solo per
citarne alcuni, le donne vengono con preoccupante frequenza picchiate
dai loro mariti in ambito domestico, senza che i Governi facciano nulla,
oppure – quando, raramente, qualcuno interviene – ciò viene fatto in
modo tale da far sentire le donne colpevoli delle violenze subite. Come
risultato diretto delle disuguaglianze nei loro Paesi di origine, donne
dell’Ucraina, della Moldavia, della Nigeria, della Repubblica
Dominicana, della Birmania e della Tailandia vengono comprate e vendute,
costrette a lavorare come prostitute, con i Governi che guardano
dall’altra parte e non proteggono i loro diritti, ne’ puniscono i
trafficanti di donne. In Guatemala, Sud Africa e Messico alle donne
viene di fatto impedito di entrare e restare nel mondo del lavoro da
parte di imprenditori privati che utilizzano la maternita’ come
strumento per l’esclusione delle donne, potendo contare su leggi che
discriminano le donne o di un errato e discriminante uso delle leggi in
vigore. Negli Stati Uniti d’America, gli studenti discriminano e
aggrediscono a scuola le ragazze dichiaratamente lesbiche, bisessuali o
transgender, o che comunque non si conformano ai comportamenti
standard femminili. In Marocco, Giordania, Kuwait ed Arabia Saudita
esistono norme approvate dai Governi che restringono la possibilita’ di
vita pubblica alle donne e che le rendono disuguali dinanzi alla legge,
fra cui Codici di Famiglia che tolgono alle donne ogni autorita’ legale,
che viene riconosciuta soltanto ai membri della famiglia di sesso
maschile.
Gli abusi nei confronti delle donne continuano inesorabilmente, in modo
sistematico, e sono ampiamente tollerati, se non esplicitamente
condonati. La violenza e le discriminazioni nei confronti delle donne
sono epidemie globali, che esistono nonostante il reale progresso del
movimento internazionale che opera in difesa dei diritti delle donne che
ha permesso di identificare le violazioni in questioni, di fare opera di
informazione e di sfidare l’impunita’.
Viviamo in un mondo nel quale le donne non hanno neanche il controllo
dei loro corpi. Milioni di donne e ragazze sono costrette a sposarsi e
ad avere rapporti sessuali con uomini che non desiderano. Milioni di
donne non possono contare sull’aiuto dei loro Governi al fine di
ottenere protezione dalla violenza domestica, che a volte ha conseguenze
fatali, fra cui l’aumento dell’infezione da HIV/AIDS. Le donne detenute
subiscono aggressioni a sfondo sessuale da parte dei loro carcerieri. Le
donne vengono punite per i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio
e con uomini scelti da loro. Anche nella sfera riproduttiva sono i
mariti o altri membri di sesso maschile della famiglia a dire alle donne
cosa fare o non fare.
Esaminiamo in modo piu’ approfondito alcuni dei punti di cui sopra.
Violenza sessuale
In ogni parte
del mondo le donne vengono aggredite sessualmente e molto spesso i loro
aggressori non vengono puniti. La violenza sessuale nei confronti delle
donne si verifica con una frequenza impressionante, sia in tempo di pace
che in tempo di guerra. Nel contesto della pandemia HIV/AIDS, queste
aggressioni brutali possono diventare mortali. Spesso le donne non
dicono nulla a causa della vergogna legata alla violenza sessuale, ma
fortunatamente sono sempre piu’ frequenti i casi in cui le donne
decidono di parlare e chiedono che i responsabili di questi crimini
vengano puniti, anche se, purtroppo, spesso la polizia e le altre forze
dell’ordine archiviano in fretta i casi di stupro ed altre violenze
sessuali giudicandoli crimini irrilevanti e provocati dalle vittime
stesse. In base alle leggi internazionali, i Governi hanno il dovere di
rispondere in modo efficace alla violenza contro le donne, fra cui i
casi di stupro. Ma cio’ non accade, non ancora. Secondo Human Rights
Watch, in Russia i funzionari governativi respingono molto
frequentemente le denunce presentate dalle vittime, non indagano nei
casi di stupro, non invitano le vittime a far raccogliere dal personale
medico le prove fisiche della violenza, ed archiviano i casi quando
giungono alla conclusione che la vittima “è responsabile”. Anche in
Pakistan le donne che cercano di denunciare i propri aggressori nei casi
di stupro si trovano ad affrontare le umiliazioni e le vessazioni degli
agenti di polizia, e spesso sono le donne – le vittime! - ad essere
arrestate ed accusate di aver avuto rapporti sessuali al di fuori del
matrimonio. Anche in India le donne incontrano molti ostacoli quando
decidono di ricorrere ai tribunali, a cominciare dai commissariati di
polizia dove sporgono denuncia, per arrivare fino alla totale mancanza
di sensibilita’ dei Giudici assegnati ai casi. Se in India una donna è
povera, appartiene ad una casta inferiore, oppure vive in un’area
rurale, e’ estremamente difficile che riesca ad accedere al sistema
giudiziario.
Violenza domestica
I casi irrisolti di violenza domestica in sostanza negano alla donna
uguaglianza di fronte alla legge e rinforzano il suo status sociale di
inferiorita’. Gli uomini usano la violenza domestica per sminuire il
senso di autostima della donna e per farle perdere la sua autonomia. I
Paesi dove la violenza domestica non viene prevenuta ne’ perseguita
trattano le donne come cittadini di seconda classe ed inviano il chiaro
messaggio che la violenza sulle donne non e’ un problema che riguarda la
societa’ nel suo insieme, bensì una faccenda privata. Paesi diversi fra
loro come l’Uganda, il Nepal, il Pakistan, il Sud Africa, la Giordania,
la Russia, l’Uzbekistan ed il Perù hanno una cosa in comune: l’orrenda
ed assoluta mancanza di impegno nell’affrontare e risolvere i problemi
di violenza domestica. In Uganda molte donne vengono infettate dal virus
HIV, che le portera’ alla morte, a causa della mancanza del Governo di
contrastare in modo efficace queste violenze condannando,
criminalizzando e perseguendo gli aggressori. In Pakistan i funzionari
giudiziari ad ogni livello considerano la violenza domestica come una
questione da non discutere in un tribunale penale. In Sud Africa la
polizia ed i tribunali considerano le denunce da parte delle donne
maltrattate come casi di aggressione meno gravi rispetto ad altri, e vi
sono problemi costanti quando si tratta di reperire un medico forense
che testimoni nei casi di abusi. In Giordania e’ praticato il “delitto
d’onore”, quando – secondo la famiglia – la donna si e’ comportata in
modo tale da arrecare disonore e, nonostante alcune riforme legislative,
i colpevoli di tali delitti ricevono pene molto lievi. In Russia ed in
Uzbekistan la polizia non tiene conto delle denunce di violenza
domestica e minaccia le donne che sporgono denuncia affinche’ non lo
facciano piu’. In Peru’, nonostante passi in avanti nella legislazione
in materia di violenza domestica, la legge ancora oggi non protegge le
donne dallo stupro e dalle aggressioni da parte dei loro mariti.
Comportamenti discriminatori da parte delle forze di polizia, dei
Procuratori Distrettuali, e dei Giudici, che spesso considerano la
violenza domestica come una questione “privata” che non e’ di competenza
dei tribunali, rendono piu’ forti gli aggressori che continuano così a
tenere sotto controllo le proprie vittime.
Violazioni dei diritti umani in
materia di scelte riproduttive ed autonomia sessuale delle donne
In tutte le parti del mondo le donne sono oggetto di discriminazioni ed
abusi a causa della loro capacita’ riproduttiva. Membri della comunita’,
mariti, genitori e professionisti in campo medico utilizzano le
discriminazioni e gli abusi come mezzo per limitare l’autonomia sessuale
della donna e le sue scelte riproduttive. Alcuni di questi abusi sono
persino previsti dalla legge. Essi violano i diritti umani
internazionalmente riconosciuti, incluso il diritto delle donne alla
vita, alla salute, alla non discriminazione, all’integrita’ del proprio
corpo, alla privacy, alla liberta’ in tutti i sensi, e anche religiosa,
e soprattutto a non essere torturate. Le discriminazioni basate sulle
capacita’ riproduttive e sulle scelte della donna hanno diverse forme.
Human Rights Watch ha documentato casi in Messico, Guatemala e
Repubblica Dominicana dove aziende private in modo sistematico
discriminano le donne a causa della maternita’ ed obbligano le donne a
sottoporsi a test di gravidanza come condizione tassativa per
l’ottenimento del lavoro, che viene sempre negato ad una donna gravida.
Quando le donne indonesiane emigrano in Malesia alla ricerca di lavoro
come collaboratrici domestiche, vengono sempre sottoposte ad un test di
gravidanza e rimandate in Indonesia se incinte. In Sud Africa le
discriminazioni di questo genere spesso si intrecciano con altre
discriminazioni legate all’etnia ed alla razza. I proprietari terrieri,
ad esempio, negano alle donne di colore che lavorano nelle loro fattorie
i diritti legali ed i benefici previsti dalla legge durante e dopo la
gravidanza.
Spesso le donne vengono considerate incapaci di fare scelte responsabili
sulla propria salute e sulla propria vita, specialmente quando si tratta
di questioni legate alla riproduzione. Human Rights Watch ha scoperto
che nella Repubblica Dominicana alle donne gravide non vengono fornite
informazioni adeguate prima di sottoporsi al test dell’HIV, con il
risultato che le donne non forniscono il proprio consenso informato al
test. Alcune donne vengono spinte alla sterilizzazione. In Argentina, al
contrario, alle donne viene negata sistematicamente la possibilita’ di
sottoporsi a sterilizzazione volontaria (chiusura delle tube)
nell’ambito del sistema sanitario pubblico, oppure viene loro concessa
questa possibilita’ solamente se il marito da’ il proprio formale ed
esplicito assenso.
In tutto il mondo donne e ragazze si trovano ad affrontare avverse
condizioni sociali, di salute ed economiche a causa di gravidanze non
pianificate e non desiderate, a causa della mancanza di efficienti
servizi di pianificazione famigliare e dell’impossibilita’ di ricorrere
all’aborto legalmente ed in condizioni sicure. Ogni anno 20 milioni di
donne abortiscono illegalmente ed in mancanza di sicurezza, cosa che
causa la morte di circa 78.000 donne all’anno, di cui la maggior parte
assolutamente evitabili. In Argentina le conseguenze dell’aborto
clandestino sono da decenni la causa primaria di mortalita’ materna.
In molte zone del mondo le famiglie e le comunita’ spingono le donne a
sottoporsi a diversi tipi di mutilazioni genitali che inibiscono le
donne fisicamente e procurano danni gravi e dolorosi, spesso letali.
Human Rights Watch ha documentato le conseguenze tremende di altre
pratiche tradizionali assai pericolose, come il “sesso asciutto” in
Zambia ed altri Paesi africani [per saperne di piu’:
http://www.hrw.org/reports/2003/zambia/zambia1202-04.htm#P374_55034]
e l'usanza culturale di “ereditare la moglie” (dopo il decesso del
marito, la vedova e’ costretta a passare in eredita’ al cognato piu’
vicino che la prende in casa come moglie) e di “purificazione della
vedova” (“scacciare il dolore della morte del marito” dalla vedova
attraverso un contatto sessuale forzato), in Kenya.
[per saperne di piu’:http://www.hrw.org/reports/2003/kenya0303/kenya0303-02.htm#P264_48906
]
Tutte queste pratiche sono strettamente legate alla questione
dell’autonomia sessuale della donna ed ai suoi diritti di decidere
liberamente sul numero di gravidanze desiderate ed all’intervallo fra
l’una e l’atra. Le usanze culturali, così come l’accesso limitato a
programmi di educazione e pianificazione famigliare, sono strumenti
utilizzati per controllare e limitare l’autonomia sessuale delle donne e
la loro attivita’ sessuale. Negli Stati Uniti d’America i programmi di
educazione sessuale sponsorizzati dal Governo si focalizzano unicamente
“sull’astinenza”, anziche’ insegnare alle ragazze a prevenire sia
gravidanze indesiderate, che malattie sessualmente trasmissibili [per
saperne di piu’:
http://hrw.org/reports/2002/usa0902/ ].
Donne e conflitti armati
Nei conflitti armati su tutto il pianeta i soldati ed i paramilitari
terrorizzano le donne con stupri, vessazioni ed altre violenze sessuali
e fisiche. Queste tattiche sono veri e propri strumenti di guerra,
strumenti di terrore ideati per ferire e punire le donne, distruggere le
comunita’ e forzare donne e ragazze a lasciare le proprie case. Migliaia
di donne in Sudan, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Sierra Leone,
Ruanda, Kosovo e Bosnia-Erzegovina sono state oggetto di stupri brutali,
aggressioni sessuali, schiavitu’ sessuale e mutilazioni commessi dai
combattenti. In alcuni casi, gli aggressori hanno prima stuprato e poi
ucciso le loro vittime. Le donne che sono riuscite a sopravvivere alle
aggressioni hanno riportato gravissimi traumi sia fisici che mentali ed
altrettanto gravi problemi di salute, come ad esempio infezioni da HIV.
Spesso la fine di un conflitto armato non mette fine alle violenze nei
confronti delle donne. Nei periodi che seguono la fine della guerra
molte donne devono confrontarsi con problemi di discriminazioni
nell’ambito dei programmi di ricostruzione, di violenza domestica nei
campi profughi, e di altra violenza quando cercano di far ritorno alle
loro case. In Afghanistan donne di tutte le etnie sono state costrette a
limitare considerevolmente la propria vita pubblica anche dopo la caduta
del regime dei Talebani, al fine di evitare di essere oggetto di atti di
violenza da parte delle fazioni armate e di coloro che vogliono che
siano messi in atto i precetti repressivi in vigore durante il periodo
talebano. L’incolumita’ fisica delle donne afgane, soprattutto fuori
Kabul, continua ad essere in serio pericolo, cosa che nega alle donne la
possibilita’ di esercitare i propri basilari diritti umani, unitamente
alla possibilita’ di partecipare appieno alla ricostruzione del proprio
Paese. In Iraq l’insicurezza e la paura di aggressioni sessuali e
rapimenti tengono le donne segregate in casa e lontane da scuola e
lavoro.
Fino a tempi recenti la violenza sulle donne e’ stata considerata da
molti come una inevitabile, seppur deprecabile, conseguenza della
guerra. Questo atteggiamento ha garantito l’impunita’ agli aggressori,
costringendo le donne al silenzio. La creazione del Tribunale Penale
Internazionale per la ex-Jugoslavia, di quello per il Ruanda, e del
Tribunale Penale Internazionale fanno ben sperare che le donne riescano
ad ottenere sempre piu’ accesso alla giustizia nei Paesi martoriati
dalla guerra. Dal 1998 in poi questi tribunali hanno emesso condanne per
stupro come strumento di genocidio, forma di tortura e crimine contro l’umanita’.
Lavoro forzato
Alle donne di tutto il mondo vengono negati i diritti umani in ambito
lavorativo. Molti Governi chiudono un occhio su pratiche illegali ed
addirittura emanano leggi discriminatorie. Sia grandi corporazioni che
privati intraprendono pratiche sessiste ed ingiuriose ben sapendo di non
correre rischi di condanna o sanzioni. Ad esempio, gli annunci di
ricerca personale in Ucraina spesso specificano “uomo” fra i requisiti
per l’ottenimento di un impiego sia in aziende private che in enti
governativi ed i datori di lavoro spesso negano alle donne l’accesso al
lavoro per motivi di eta’, condizione famigliare o stato civile. Come
accennato sopra, compagnie manifatturiere private in Messico, Guatemala
e Repubblica Dominicana obbligano le donne alla ricerca di un posto di
lavoro a sottoporsi ad un test di gravidanza, che – se positivo –
automaticamente le esclude. I proprietari terrieri del Sud Africa negano
alle dipendenti di colore regolari contratti di lavoro, le pagano meno
degli uomini per gli stessi lavori, e negano loro quanto spettante per
la maternita’. Le leggi che regolamentano il lavoro in Guatemala negano
alle collaboratrici domestiche, molte delle quali sono indigene, eguali
diritti. Le donne sono le ultime ad essere scelte per i programmi di
addestramento e le prime ad essere licenziate, soprattutto – ma non solo
- in periodi di recessione economica. Molestie sessuali e violenze sono
frequenti sul luogo di lavoro e rappresentano una minaccia continua per
la vita delle donne che lavorano. Le donne emigrate per ragioni di
lavoro in Malesia ed Arabia Saudita sono sistematicamente oggetto di
abusi, fra cui lavoro forzato e traffico di donne.
Donne ed HIV/AIDS
Il legame mortale fra gli abusi nei confronti delle donne e la
diffusione del virus dell’AIDS viene, seppur lentamente, sempre piu’
riconosciuto, dopo che milioni di donne hanno gia’ perduto le loro vite
a causa della malattia. E’ dimostrato che le donne che corrono i rischi
maggiori sono quelle sposate, o che hanno una relazione di lunga durata,
con un uomo, in una societa’ nella quale gli uomini hanno comunemente
rapporti sessuali al di fuori del matrimonio e nell’ambito della quale
le donne vengono maltrattate se chiedono che si utilizzi il preservativo
durante i rapporti. Ogni giorno, in ogni angolo del mondo, donne e
ragazze vengono picchiate nelle loro case, vengono risucchiate dal
traffico umano e costrette a prostituirsi, vengono stuprate dai soldati
e dai ribelli durante i conflitti armati, subiscono aggressioni sessuali
da coloro che dovrebbero prendersene cura, vengono private di eguali
diritti di proprieta’ ed altre questioni economiche, vengono aggredite
se non si conformano ai comportamenti standard, e spesso non hanno altra
possibilita’ che vendere il loro corpo per sopravvivere. Alcune vengono
“ereditate”, una volta vedove, da membri della famiglia di sesso
maschile, spesso diventano mogli in famiglie dove viene praticata la
poligamia. Questi atti di discriminazione e violenza sono conduttori
dell’infezione da HIV. Le donne affette da AIDS sono costrette a
sopportare non soltanto la vergogna e la morte sociale, ma anche le
privazioni causate dalle violazioni dei loro diritti.
Il legame fra gli abusi e la possibilita’ di contrarre l’AIDS e’
particolarmente evidente in Africa, dove il 58% delle persone infettate
dal virus sono donne. I tassi di infezione fra ragazze adolescenti e
giovani donne in gran parte dell’Africa sono molto piu’ alti di quelli
riscontrati nelle loro controparti di sesso maschile. In Uganda a causa
della dilagante violenza domestica le donne non ricevono adeguate
informazioni relative all’infezione da HIV, non chiedono che si
utilizzino i preservativi durante i rapporti, ne’ sono in grado di
respingere un partner sieropositivo, ma nonostante tutto il Governo non
fa nulla per prevenire e punire tali abusi. In Kenya, come detto sopra,
esistono ancora usanze culturali che penalizzano enormemente la donna.
In Zambia le ragazze orfane vengono sistematicamente violentate dai loro
tutori, fra cui membri della loro stessa famiglia, ed insegnanti. In Sud
Africa, nonostante gli impegni presi, il Governo ancora non da’ alle
donne vittime di stupro la possibilita’ di sottoporsi a profilassi in
seguito alla violenza subita, e le ragazze temono di andare a scuola a
causa degli alti tassi di stupro e di aggressioni sessuali che si
verificano anche in ambito scolastico.
Anche in altre parti del mondo la disuguaglianza legata al genere
comprende le discriminazioni che subiscono coloro che hanno il virus
HIV. In America Latina e nell’area caraibica - le zone del mondo con la
piu’ alta concentrazione di persone affette dal virus dell’HIV, dopo
l’Africa sub-sahariana – le donne costituiscono la maggioranza dei nuovi
infettati. Nonostante questo, nella Repubblica Dominicana, ad esempio,
il Governo non considera nemmeno le violazioni dei diritti delle donne
nei piani di prevenzione contro la diffusione del virus HIV. Le donne
vengono sottoposte illegalmente al test dell’HIV, senza il loro consenso
informato, e coloro che risultano positive vengono sistematicamente
licenziate dai loro datori di lavoro e private dell’assistenza sanitaria
pubblica. Inoltre, gli operatori che lavorano nel sistema sanitario
pubblico regolarmente rivelano i risultati dei test alle famiglie delle
donne senza che queste ultime abbiano dato il loro consenso, esponendole
in questo modo ad ulteriore violenza.
Traffico di esseri umani
Il traffico di esseri umani - il lucroso ed illegale reclutamento, il
trasporto o la vendita di essere umani per ogni forma di lavoro forzato,
incluso il traffico per matrimoni obbligati – rappresenta una forma
tragica e complessa di violazioni dei diritti umani. Sono le donne ad
essere particolarmente vulnerabili e soggette a diventare schiave,
principalmente a causa delle persistenti disuguaglianze esistenti nel
mondo e della mancanza di opportunita’.
Human Rights Watch ha esaminato gli schemi piu’ comuni nel traffico di
donne. In tutti i casi, al fine di avere controllo sulle donne, vengono
utilizzati mezzi di coercizione, fra cui inganno, frode, intimidazione,
isolamento, minaccia di uso di forza fisica, legami causati
dall’indebitamento. In molti casi, come ad esempio in Bosnia-Erzegovina,
funzionari corrotti facilitano il traffico, accettando soldi per la
falsificazione di documenti e fornendo protezione. Senza tale corruzione
e complicita’ da parte di agenti statali, il traffico di donne non
potrebbe sopravvivere. Molti Governi trattano le persone vittime di tali
traffici come clandestine, criminali o entrambe le cose, esponendole ad
ulteriori abusi. Ad esempio, le vittime tailandesi del traffico in
Giappone vengono regolarmente rinchiuse in carcere con l’accusa di
immigrazione clandestina e deportate nel Paese d’origine con il divieto
di far ritorno in Giappone per un periodo di 5 anni.
Prendendo di mira le vittime, anziche’ i trafficanti, i Governi sono
complici e fanno sì che tali traffici continuino ad esistere.
Donne in carcere
Le guardie carcerarie ed altri agenti addetti alla custodia sottopongono
le detenute a trattamenti degradanti, vessazioni e torture. Le donne
vengono aggredite sessualmente durante la detenzione, soprattutto se di
tratta di prigioniere che non riescono ad avere accesso ad un legale o
alle loro famiglie. Gli abusi - che comprendono stupri, eccessive ed
inutili perquisizioni corporali, palpeggiamenti, botte, uso di un
linguaggio volgare con esplicito riferimento al sesso – sono un triste
esempio del potere estremamente sbilanciato che gli agenti di custodia
hanno sui detenuti. In Pakistan, ad esempio, le detenute riferiscono di
casi di botte, schiaffi, sospensione a mezz’aria con le mani legate
dietro alla schiena, inserimento di corpi estranei (fra cui manganelli
in dotazione alle forze dell’ordine e peperoncino) nella vagina e nel
retto, e stupri di gruppo. Nonostante queste preoccupanti denunce, gli
agenti di custodia non vengono mai perseguiti. Quando vengono stuprate
dai secondini, viene loro negato l’accesso alle cure mediche ed al
prelevamento di campioni che potrebbero essere utilizzati in tribunale
al fine di sostenere tali denunce. Negli Stati Uniti d’America gli
agenti carcerari minacciano le detenute con la violenza, oppure negano
loro dei privilegi, nel caso in cui esse decidano di denunciare le
aggressioni. In sostanza, le donne detenute sono costrette al silenzio
ed i loro aggressori continuano ad abusare di loro, restando impuniti.
La condizione delle donne in
famiglia e la loro condizione legale
In molti Paesi le leggi e le pratiche che regolamentano lo status
personale delle donne – il loro potere legale ed il loro ruolo
nell’ambito della famiglia – negano loro i diritti umani. Le
discriminazioni variano da Paese a Paese, ma e’ un fatto che in tutto il
mondo e’ il legame fra la donna ed il proprio marito o un membro di
sesso maschile della sua famiglia a determinare i diritti concessi alla
donna. In Egitto ed in altri Paesi del Medio Oriente esistono leggi che
limitano i diritti delle donne prossime al matrimonio, durante il
matrimonio e dopo il matrimonio [per saperne di piu’:
http://hrw.org/reports/2004/egypt1204/. In Asia, Africa, Europa e
Medio Oriente i diritti di cittadinanza delle donne vengono limitati o
negati completamente a causa della razza o della nazionalita’ dei loro
mariti. In molte nazioni i bambini nati nel Paese di origine della madre
non possono avere la nazionalita’ della madre, in quanto alle donne e’
proibito “trasmettere” la propria nazionalita’. A queste cittadine senza
cittadinanza vengono negati una lunga serie di diritti civili, politici,
economici, culturali e sociali. Ad esempio, le donne egiziane sposate a
cittadini stranieri non possono passare alla prole la cittadinanza
egiziana. Inoltre, leggi discriminatorie e pratiche tradizionali in
Kenya ed Uganda privano le donne dei loro diritti di uguaglianza in
termini di proprieta’, eredita’, alloggio [per saperne di piu’:
http://www.hrw.org/reports/2003/kenya0303 e
http://www.hrw.org/reports/2003/uganda0803 ].
Donne rifugiate e profughe -
Negazione del diritto d’asilo sulla base del sesso
Le donne rifugiate e profughe, che fuggono da guerre, persecuzioni o
catastrofi naturali nelle loro zone d’origine, sono vulnerabili e
soggette agli abusi da parte di chi detiene il potere, dei gruppi di
ribelli, e di altri rifugiati, sia come risultato diretto del problema
in atto, sia a causa della loro dipendenza da estranei per tutto cio’ di
cui hanno bisogno. Le donne che si spostano nel loro stesso Paese sono
doppiamente a rischio, in quanto il Governo che dovrebbe proteggerle e’
lo stesso che le perseguita. Le donne rifugiate in generale hanno
accesso limitato o addirittura nessuna possibilita’ di adire le vie
legali per la denuncia di aggressioni e violenza domestica, in parte
come risultato della loro mancanza di familiarita’ con le autorita’ di
polizia e giudiziarie locali, ed in parte per la mancanza di interventi
pronti ed adeguati da parte di autorita’ locali ed internazionali.
Quando le donne richiedenti asilo riferivano di essere state violentate
dai soldati o da agenti di polizia, i Giudici ignoravano le accuse,
trattando questi atti violenza come “momenti privati”. E’ andata così
per anni. Poi, all’inizio degli anni ’90, il Canada e’ diventato il
primo Paese a riconoscere la sofferenza delle donne sulla base esclusiva
del loro genere e a giudicarla una forma di persecuzione da inserire
nella Convezione sui Rifugiati del 1951. Da allora, le donne riescono –
spesso con successo – a trovare la protezione di cui hanno bisogno al
fine di evitare diverse forme di persecuzione, fra cui i “crimini
d’onore”, le mutilazioni genitali femminili e la violenza sessuale,
soprattutto in situazioni di guerra.
Come attivisti per i diritti umani, ma soprattutto in quanto esseri
umani, e’ nostro dovere denunciare come violazioni dei diritti umani
tutte quelle pratiche che tappano la bocca alle donne, che negano loro
pari opportunita’ e che le considerano subordinate all’uomo. E’ nostro
dovere respingere tutte le pratiche legali, culturali e religiose
tramite le quali le donne vengono sistematicamente discriminate, escluse
dalla vita politica e pubblica, segregate nelle loro case, stuprate
durante i conflitti, picchiate dai mariti, uccise per aver avuto
rapporti sessuali con chi volevano, costrette a sposarsi, aggredite per
aver deciso di non conformarsi ai comportamenti definiti propri del loro
genere, comprate e vendute, rese schiave, costrette a prostituirsi, e
che impediscono loro di avere uguali diritti di divorzio, eredita’,
cittadinanza.
Dobbiamo dare alle nuove generazioni il giusto esempio, se davvero
crediamo, come io credo, che fino a quando non verra’ riconosciuta alle
donne la loro dignita’, non sara’ possibile costruire un futuro di pace
e di giustizia sociale per tutti.
Arianna Ballotta
Per ulteriori
informazioni, si vedano le fonti:
http://www.hrw.org
http://www.amnesty.it/campagne/donne/index.html
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