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Paga la
gratuita’?
di
Laura Montanari
Tutte d’accordo, le voci
degli intervenuti al penultimo incontro del ciclo “Leggiamo e parliamone
insieme”, di mercoledì 12 aprile scorso, organizzato dal “Punto
d’incontro ai Cappuccini” presso il Centro Missioni di via Oberdan, sul
fatto che nella nostra società non c’è quasi più nulla di gratuito. Ci
sembra che non solo ogni oggetto, ma anche ogni azione (sembra troppo
dire ogni persona) abbia un prezzo. Che quindi gratuità sia una parola
rara, preziosa proprio per la realtà che sottintende.
Eppure le testimonianze che via via sono venute confrontandosi, degli
studenti della classe IV A del Liceo Classico D.Alighieri di Ravenna
(indirizzo Psicopedagogico) e della dott.ssa Laura Gambi , presidente
della Cooperativa Libra, voce laica di turno, si sono orientate
prevalentemente nella direzione del “donare gratuitamente” un bene, un
servizio, il tempo. Racconti e considerazioni su esperienze dirette di
azioni gratuite, profuse a beneficio di altri. Come se l’impegno di
“guadagnarsi il Paradiso” con i meriti del fare e del dare altruistico
fosse più sentito che l’attesa o l’accettazione stessa di un dono
gratuito.
Nella gratuità c’è infatti anche la valenza del ricevere gratis, ed è
proprio questa che padre Dino Dozzi ha messo in particolare evidenza,
riflettendo sul fatto che se è vero che è poco ciò che riceviamo
gratuitamente dagli altri uomini, ci sono però grandi doni che ci
vengono offerti dalla generosità di Dio: la natura e la possibilità di
goderne, il perdono dei nostri peccati e la salvezza conseguente, il
Paradiso. Non c’è dunque un gran bisogno di guadagnarsi il Paradiso con
un impegno straordinario: la parabola del fariseo e del pubblicano
insegna che la salvezza si ottiene in cambio dell’umiltà. Francesco
d’Assisi dà voce con la sua parola alla riconoscenza per i doni
gratuitamente ricevuti dal Signore ed esemplifica con la sua vita
questuante che la gratuità può essere reciprocità di relazioni umane
ricche, scambio di amore fra chi dà e chi riceve. Il ricordo dei
cappuccini questuanti, che passa davanti agli occhi, dalle pagine della
letteratura - fra’ Galdino in primis - alle strade della Ravenna di
appena qualche decennio fa, rinnova il messaggio evangelico della
ricchezza nella povertà, della grandezza nel servire.
Anche nel nostro quotidiano, nella dimensione accelerata ed affaristica
del nostro vivere - sottolinea una studentessa - capita di ricevere il
dono generoso di una parola, di un gesto che ci fa del bene, che
risponde ad un nostro chiedere magari non esplicitato : basta fare
attenzione, fermarsi a considerare gli altri che abbiamo attorno, e
allora il “grazie” ritrova fra noi cittadinanza! Lo stupore per ciò che
si riceve senza accorgersene, da cui nasce la gratitudine, è
ingenuamente ma sinceramente espresso dalle parole di un personaggio del
commediografo greco Menandro, brevemente presentato nella rubrica “Le
parole degli Antichi” come segno del passaggio ad una nuova “etica
dell’uomo”, più che “del cittadino”. Il misantropo Cremete confessa:
“Nel vedere come la gente vive, ciascuno nel suo interesse, e i calcoli
e le ragioni che sanno trovare ogni volta che c’è da fare guadagno, io
pensavo che nessuno potesse mai voler bene a un altro al mondo, ed era
questo il mio scoglio!”
E’ in effetti il sentimento del “voler bene”, della caritas cristiana,
come già della filantropia dei Greci e dell’humanitas dei Romani, che
promuove la pratica del dono, un dare o un fare senza aspettarsi nulla
in cambio. Soprattutto in questa direzione si è svolta la riflessione
nel corso dell’incontro, stimolata dalla sequenza di testimonianze
visive della rubrica “L’attualità in immagini” e a partire dal giro di
interventi dei giovani studenti del Classico, che hanno parlato con
cognizione di causa, in quanto la scuola li ha messi in condizione di
sostanziare gli obiettivi formativi teorici del corso di studi con
esperienze dirette -appena concluse o ancora in corso - di “servizio
volontario” presso varie Associazioni del “terzo settore” operanti nella
città. Significativi e apprezzabili dunque i contributi dei giovani,
preparati dalle proff.sse Paola Rossi Balella e Teresa Cortesi, che
hanno testimoniato tutti in prima persona quanto “la gratuità possa
pagare” in termini di maturazione e arricchimento personale. Il
volontariato che li ha impegnati a contatto con realtà diverse dalla
loro, con persone nel bisogno, con situazioni difficili di vita, è stato
considerato “ un punto di partenza per capire il significato delle
cose”, ha fatto crescere l’autostima di sé in quanto calati nel ruolo di
essere “figure di riferimento” per altri, ha in taluni casi suggerito
percorsi di future scelte professionali...Insomma, i giovani hanno
offerto il dono gratuito di sé, ma si sono poi sentiti in animo di dire
“grazie”per ciò che hanno a loro volta ricevuto in cambio!
Interpretando le parole della dott.ssa Laura Gambi, al progetto
scolastico attuato dalla classe IV A si può dunque attribuire il valore
di “dono” in senso antropologico, perché vi si leggono i tre passaggi
fondamentali, del dare, del ricevere, del ricambiare, così come furono
identificati dai primi studi sulle relazioni di scambio nelle tribù
primitive. Non è scontato che in un’azione gratuita ciò si verifichi;
nel comportamento altruistico può esserci infatti ambiguità, al punto da
non corrispondere alla sensibilità di chi riceve o addirittura da
urtarla. Poiché il donare implica il valore simbolico di “voler
costruire un legame” con la persona a cui si destina il dono,
bisognerebbe sempre aver chiaro quali sono le spinte motivazionali che
spingono a offrire, quali le conseguenze che possono derivarne per il
ricevente.
Ma spesso ciò non accade, come ha confermato un lucido intervento di una
studentessa. Spesso si sceglie di fare dono del proprio servizio, del
proprio tempo, con motivazioni tutt’altro che solidaristiche: per “dare
un senso alla propria vita, per cercare in un gruppo la opportunità di
nuove amicizie, per farsi belli davanti agli altri”...”Chi dà talvolta
chiede “ è stata la conclusione della giovane. Un passaggio del discorso
di padre Dozzi aveva già suggerito l’equivocità di certe grandi azioni
di gratuità e solidarietà nei confronti del Sud del mondo: “così può
accadere che più o meno consapevolmente ci si renda complici di un
sistema che perpetua la povertà e lo sfruttamento, in un
assistenzialismo a volte ipocrita, che consiste nel restituire ciò che
abbiamo tolto, facendolo in minima parte e con poca umiltà”.
A questo punto il tema del volontariato è stato affrontato a tutto campo
dalla dott.ssa Gambi, che ha riconosciuto il ruolo importante che svolge
oggi nella nostra società ma anche rilevato l’opportunità di darne la
giusta interpretazione. Se infatti dai sec. XVII al XIX l’organizzazione
delle modalità di distribuzione di beni e servizi come risorse si è
basata prevalentemente sullo Stato e sul Mercato, in tempi più recenti (
studi dagli anni Settanta e Ottanta di P.Bourdieu e R.Putnam) si è
riconosciuto che è necessario dare spazio alla “società civile” per far
vivere bene la società stessa, per elevare la qualità della vita del
maggior numero di persone. Ciò vuol dire che diventano importanti le
relazioni sociali, le azioni di dono anche nei confronti di sconosciuti,
ma bisogna essere ben consapevoli dei presupposti e delle modalità su
cui fondare e sviluppare la rete delle relazioni, che costituiscono il
cosiddetto “capitale sociale”. Infatti se da un lato la società
democratica di cui oggi godiamo garantisce di per sé diritti e doveri e
conseguentemente predispone servizi per i cittadini, dall’altro si
assiste all’indebolimento del tessuto delle reti sociali per una serie
di ragioni ( frantumazione della famiglia, perdita del senso di
vicinato, diffusione del lavoro precario, divaricazione fra generazioni,
ecc.).
In questo contesto il Volontariato diventa quindi prezioso, in quanto le
Associazioni di volontariato sono funzionali alla creazione di
aggregazione; anche la fede dà il suo apporto al “capitale sociale”, in
quanto crea relazioni significative tra persone. Il fenomeno del
Volontariato è in crescita, perché oggi molto più che una volta ci sono
persone libere, dal lavoro ed economicamente, che si rendono disponibili
al dare e al fare per la società in cui vivono e per società lontane. Ma
non ha più senso il volontariato assistenzialistico ( è da superare
l’idea che si dona perché si ha di più), occorre intendere il
volontariato in un quadro di giustizia sociale. Il dono che si fa ad
altri deve incontrare la consapevolezza di chi riceve l’aiuto del
proprio bisogno, deve tener conto dei suoi diritti e doveri, deve
favorirne una crescita; altrimenti si rischia di recare offesa o danno
al beneficiario e il volontario può oscillare psicologicamente fra punte
di onnipotenza e frustrazioni da lutto a seconda delle risultanze del
suo intervento. Non esplicitamente dichiarata, ma conseguente, la
conclusione che la soddisfazione di chi fa un’azione volontaria si
misura con il conseguimento degli obiettivi di giustizia sociale.
Agli interrogativi già accennati da precedenti interventi la dott.ssa
Gambi ha dato infine la sua personale risposta, frutto di studi e di
anni di esperienza “sul campo”. I termini gratuità e volontariato si
sovrappongono? la gratuità va intesa come esclusione del denaro? è
lecito parlare di “professione: volontario”?... Dalle parole di padre
Dozzi si era potuto dedurre che se la motivazione forte di un “atto di
volontà” è la carità cristiana, il servizio prestato dovrebbe restare
“fuori mercato”. Gli studenti si erano espressi secondo due diverse
linee, una a sostegno dell’agire gratuito per affetto e altruismo, con
un sentito appello alla diffusione di un’educazione alla solidarietà,
l’altra a favore del riconoscimento economico di un volontariato che
“altrimenti resterebbe astratto, poco efficace in una società che
manifesta sempre più bisogni, di cui lo Stato non riesce a farsi pieno
carico”.
Questa linea è stata ripresa da Laura Gambi, secondo cui una “nuova
cultura della cittadinanza” - di sostegno all’impegno dello Stato -
implica sempre di più una mobilitazione di persone che scelgono di
adoperarsi a fini solidaristici, non più solo attrezzate del pur
lodevole buon senso, ma consapevoli, in quanto adeguatamente formate,
dei valori, degli obiettivi, delle strategie che promuovono la giustizia
sociale, e capaci quindi di fare progetti mirati. E’ inevitabile che
questa logica di sistema preveda circolazione di denaro per il concreto
raggiungimento degli scopi; ed è accettabile che anche l’azione di
volontariato, radicato in questo sistema ormai consolidato, pur non
prevedendo compenso per i volontari, sfugga all’idea della gratuità
pura.
Laura Montanari
responsabile del gruppo cultura del
Punto d’incontro Ai Cappuccini - Ravenna 12 aprile 2006
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