agli incroci dei venti

Politica



 

HOME

Società

Politica

Arti visive

Lettura

Scrittura

Punto rosa

Legalità

Paesi in guerra

Mondo

     
 

Ecco come la polizia rompe la resistenza degli innocenti. La tragedia delle false confessioni
di Ralph Nader
libera traduzione di Arianna Ballotta


6/7 maggio 2006

Ci sono tante ingiustizie nella nostra societa’ e anche gli innocenti vengono condannati per crimini orrendi. Accade molto piu’ frequentemente di quanto noi si possa immaginare. Il test del DNA, un fenomeno relativamente recente, ha gia’ esonerato 175 persone condannate [per crimini non commessi]. Ma - e questa e’ la parte piu’ sorprendente - un quinto di queste persone aveva confessato di essere colpevole! Quando si parla di false confessioni, questa non e’ che la punta di un iceberg. Uno studio condotto da due docenti di legge ha provato 125 false confessioni (fra cui persone esonerate prima o durante il processo). E questi sono soltanto i casi di cui siamo a conoscenza.

Ma cosa spinge una persona a confessare un crimine che in realta’ non ha commesso? In un nuovo sito/blog creato dal mio (saltuariamente) coautore Alan Hirsh, si prendono in esame molte ragioni. “Ma”, dice Hirsh, “in molti casi e’ il risultato delle tattiche utilizzate per rompere le resistenze degli interrogati. Queste tattiche hanno un ottimo successo: fanno confessare gli innocenti”.

Alcune di queste tattiche sono certamente deplorevoli. Ad esempio, gli [agenti] interrogatori esagerano o fabbricano le prove, dicendo falsamente ad un sospetto che un testimone oculare lo ha visto commettere il crimine. Questo solitamente implica una riduzione di pena se confessa o una pena piu’ severa se si rifiuta di farlo. Molte persone che, pur non essendo colpevoli, confessano, sono ragazzi giovani e/o al limite del ritardo mentale, ma la polizia utilizza queste tattiche con tutti (in un esperimento condotto con gli studenti del Williams College si e’ visto che si riuscivano ad ottenere confessioni [dagli studenti] se messi di fronte a prove fasulle).

Il Quinto Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti protegge una persona dall’essere “un testimone contro se stesso”. Ma questo, troppo spesso, e’ davvero quanto accade: non in un’aula di tribunale, bensì in una stazione di polizia, e persino dopo che ad un sospetto sono stati letti i propri diritti. Quanto citato nel Quinto Emendamento ed il suo stesso senso vengono sistematicamente violati dalla polizia che raggira e si prende gioco di persone innocenti affinche’ rilascino una confessione. I procuratori, i giudici e le giurie solitamente ratificano l’errore, perche’ non riescono a credere che chi confessa possa in realta’ essere innocente, cosa che si va ad aggiungere all’incubo kafkiano che vive l’imputato.

Perche’ la polizia utilizza certe tattiche per incastrare un innocente? Per la stessa ragione per la quale i procuratori, i giudici e le giurie fanno la loro parte nella medesima tragedia: sono convinti che nessun innocente confesserebbe mai di essere colpevole. Poiche’ noi adesso sappiamo che questa supposizione e’ falsa, e’ necessario che facciamo qualcosa per proteggerci dalle false confessioni. Il sito web di Hirsh propone una serie di riforme, che includono la registrazione obbligatoria degli interrogatori. “Ma”, sostiene Hirsch, “la riforma piu’ importante e’ l’informazione”.

Tutti dobbiamo riconoscere che il fenomeno delle false confessioni e’ reale. Ammetterlo e’ importante, soprattutto per le forze dell’ordine ed i giudici, ma anche per i cittadini comuni. Questo perche’ ogni cittadino puo’ far parte di una giuria, e sono solitamente le giurie a condannare gli imputati, e quindi anche chi ha falsamente confessato. Inoltre, sono i normali cittadini ad eleggere i propri rappresentanti, ed alcune delle riforme da apportare hanno bisogno di aiuto a livello legislativo.

Lo ripeto: niente cambiera’ fino a quando non smetteremo di credere che un innocente non confesserebbe mai di essere colpevole. Quanto e’ radicata tale convinzione? Anche dopo il riconoscimento di innocenza a seguito del test del DNA, molti imputati restano in carcere o sono costretti ad affrontare un nuovo processo, perche’ la Procura o i giudici continuano a rifiutarsi di credere che la confessione resa era falsa. A volte i procuratori inventano una teoria completamente nuova sul caso (ad esempio, che l’imputato era un complice, piuttosto che il diretto colpevole) supportata da nessuna prova.

Le false confessioni non sono affatto l’unica causa delle errate condanne. Altre cause includono l’errata identificazione [dell’imputato], le accuse false (che sono parenti delle false confessioni), l’errata condotta da parte della Procura, le dichiarazioni di falsi “scienziati” e l’inadeguata difesa legale. Alcuni di questi problemi sono particolarmente gravi, come l’inaffidabilita’ dei testimoni oculari e l’inadeguatezza di molti sottopagati difensori pubblici, stracarichi di lavoro, e difensori d’ufficio.

La realta’ delle errate condanne ha molte ramificazioni, fra cui quella della pena di morte. Alcune persone che non sono contrarie alla pena capitale per principio, riconoscono che [tale pratica] porta inevitabilmente all’esecuzione di persone innocenti (senza dubbio cio’ e’ gia’ accaduto). Infatti, alcune delle persone esonerate dal test del DNA erano a pochi giorni dalla loro esecuzione.

Non possiamo accettare di mettere a morte delle persone senza essere certi della loro colpevolezza. Il fenomeno delle false confessioni e’ un promemoria forte: spesso crediamo, siamo certi, della colpevolezza di una persona, senza averne gli elementi fondamentali. Dopo tutto, cosa potrebbe essere piu’ certo dell’ammissione di colpevolezza dell’imputato? Questo era cio’ che eravamo soliti pensare. Ma adesso che sappiamo come stanno le cose, dobbiamo soffermarci su molti aspetti del nostro sistema giudiziario penale, inclusa l’applicazione della pena di morte.

Un buon posto dove cominciare, per chi veramente vuole capirci di piu’, per avvocati e non, per chi vuole capire cosa si puo’ fare, e’ questo:

www.truthaboutfalseconfessions.com


Fonte : CounterPunch

 

 
 

 

 
 


agli incroci dei venti, 15 maggio 2006

 

5