di Lucia di Maio già pubblicato sulla rivista Wuz anno I n° 2
|
Nel 1923 il libraio-editore Licino Cappelli (di Rocca San Casciano e con sede a Bologna) curò la stampa de "La Coscienza di Zeno", in 1500 copie pagate (come di consueto) dall'autore. L'edizione originale misura mm 127 x 192, le pagine sono 519 (1); la copertina è bicolore (rossonero) con titolo in doppio riquadro. Assai ricercato (anche se non rarissimo) il volume risente spesso di qualche difetto; un esemplare almeno fresco (se non proprio perfetto) è di difficile reperibilità (di conseguenza vi sono forti oscillazioni nella valutazione, secondo la qualità della copia). La critica e il pubblico ignorarono il romanzo e furono nuovamente impietosi; eppure per la prima volta la psicoanalisi entrava nella nostra letteratura, introducendo un nuovo stile per un contenuto altrettanto nuovo. Così lo definì Guido Piovene (e se ne pentirà nel 1942) nei "Narratori (anno X, pag. 253): "Italo Svevo, commerciante triestino, scrittore di tre mediocri romanzi, valutato da noi secondo i suoi meriti, con una rispettosa indifferenza..." Su consiglio dell'amico Joyce -divenuto ormai celebre- quattro esemplari a stampa raggiungono, preceduti da una presentazione entusiastica, lettori d'eccezione: Valery Larbaud, Ford Madox Ford, Thomas Eliot e Benjamin Cremieux (1888-1944, critico oltre che romanziere). Larbaud risponderà all'invio con una lunga lettera del gennaio 1925: in apertura chiama Svevo "maestro" , informandolo poi del fatto che la potentissima principessa Caetani si era schierata in favore della pubblicazione. Nel febbraio del 1926, nella rivista parigina "La Navire d'Argent" anno II, n.9, diretta da Adrienne Monnier, Italo Svevo viene consacrato nientemeno che "il primo romanziere d'analisi che abbia prodotto l'Italia contemporanea e forse il solo". Il numero monografico raccoglie il lungo saggio critico del Cremieux (che sarà definito nella prefazione di Senilità "una pietra miliare nella mia vita") e la traduzione, curata da Larbaud, del primo capitolo di "Zeno" unitamente ad alcuni passi di "Senilità". La critica francese reagì con un coro di plauso, accostando lo scrittore triestino al Proust e al Joyce, in una sorta di Trinità della "recherche". Inizia così il "caso Svevo": la lunga polemica condotta dai letterati francesi che rimproverarono ai letterati italiani di ignorare le proprie glorie tanto da dover aspettare che fossero gli stranieri a metterli nella giusta luce. Non era tuttavia proprio così. Già nel 1925 su L'Esame (anno IV) Eugenio Montale aveva pubblicato "Omaggio a Italo Svevo". Bobi (Roberto) Bazlen (1900-1965), il critico triestino a cui spetta il merito di aver per la gran parte valorizzato la letteratura triestina del suo tempo nell'ambiente culturale milanese, aveva infatti pregato Svevo di far pervenire al poeta Montale i suoi tre romanzi. Se l'inizio della fortuna di Svevo sia dovuto a Montale o ai letterati parigini ci pare discussione oziosa e dilemma senza soluzione; pur tuttavia, forse per desiderio di espiazione, il tema sembra appassionare la critica. Benché non più ignoto Schmit-Svevo non cessa di incontrare, comunque, notevoli difficoltà ed aspre diffidenze: una seconda edizione di Senilità viene rifiutata (perché giudicata un cattivo investimento) dal Cappelli, dal Mondadori e dal Treves (in una lettera del 6 luglio 1926 il direttore affermerà di avere un programma completo per almeno tre anni). Solo nel 1927 le pubblicazioni italiane riprendono, con la stampa del Morreale. L'edizione riveduta di Senilità è accompagnata dalla nota prefazione ad hoc dell'autore e la fascetta editoriale così lo annuncia; "...per trent'anni ha subito (lui triestino) l'indifferenza degli italiani. Vorremmo ancora (critica e lettori) ignorarlo dopo il cortese ma mortificante svegliarino francese?". Solaria la rivista fiorentina (diretta dal Carocci) che mirava a promuovere un aggiornamento in senso "europeo" della letteratura italiana pubblicò poi nel n. 2 del 1928, la commedia: "Una burla riuscita" fino ad allora inedita. Né può essere dimenticata la firma del Montale in calce al primo libro postumo, dopo l'improvvisa e tragica morte di Svevo, in un incidente d'auto (evento assai raro in quegli anni): La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti.. Milano, Morreale, 1929. Vi sono raccolti: Vino generoso, Una Burla riuscita, Madre. Il vecchione. |
|
Società | Politica | Arti visive | Lettura | Scrittura | Punto rosa | Legalità | Paesi in guerra | Mondo |